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AL PALAZZO REALE DI NAPOLI

Campania, l’agroalimentare cresce ed è in salute, ma affronta sfide strutturali complesse

Il report Nomisma presentato a “Campania Mater” n. 1, tra punti di forza (export, qualità, formazione) e debolezze (suolo, spopolamento e food loss)

Un comparto agroalimentare il cui export nel 2024 ha raggiunto un valore di 5,7 miliardi di euro, con un incremento del 111% sul 2014 e del 63,8% sul 2019, posizionando la regione al quinto posto a livello nazionale per valore delle esportazioni. La crescita si è concentrata in modo particolare nei prodotti alimentari trasformati (87% del totale), mentre le esportazioni agricole incidono per il 12% e le bevande per l’1%: numeri che mettono in risalto la forte specializzazione nell’ortofrutta trasformata (il 37% del totale esportato), seguita da prodotti da forno e farinacei (17%) e dai lattiero-caseari (10%). Con un orientamento equilibrato verso i mercati: il 45% dell’agroalimentare regionale va, infatti, in Unione Europea, mentre il 55% è destinato ai Paesi extracomunitari, con gli Stati Uniti che si confermano primo mercato di sbocco (16% dell’export), seguiti da Regno Unito e Germania (12% ciascuno), e Francia (7%), per una bilancia commerciale in saldo positivo di 1,5 miliardi di euro. È la fotografia della Campania agroalimentare scattata da Nomisma in occasione di “Campania Mater: il Modello Campania per il cibo che verrà”, nuovo evento, di scena nei giorni scorsi, al Palazzo Reale a Napoli, e che ha visto 160 tra esperti e operatori del settore confrontarsi sul futuro del settore.
La Campania deve il suo nome alla ricchezza che la natura le ha donato: una terra antichissima, con tante testimonianze e miti sulle sue caratteristiche e sui luoghi, ed alla quale fu Plinio il Vecchio ad attribuire la “denominazione” simbolica di “Campania Felix”, una regione dove, ancora oggi, gli oltre 40 chef stellati presenti - un record - ne fanno una vera e propria “patria” dell’alta cucina, accanto a bellezze grazie alle quali è la prima regione d’Italia per riconoscimenti a Patrimonio Unesco. Un territorio che sembra aver compreso l’importanza di una comunicazione che metta insieme tutto quello che ha di più importante.
“La Campania si conferma prima regione del Sud Italia per valore e numero di produzioni certificate, trainata da prodotti simbolo come la Mozzarella di Bufala Campana Dop, la Pasta di Gragnano Igp, i vini e le eccellenze ortofrutticole - ha detto Nicola Caputo, assessore all’Agricoltura della Regione Campania - produzioni a cui non fa paura l’Italian Sounding, che riusciamo a contrastare con la tracciabilità e il valore economico e produttivo dei prodotti campani certificati, un vero volano per l’export regionale”.
Ampio spazio è stato dedicato anche al rapporto tra cibo e salute, evidenziando come le scelte alimentari, le tecniche produttive e gli stili di vita influenzino direttamente la salute della popolazione. E in tal senso è andato il protocollo di intesa siglato nell’occasione tra l’Asl di Caserta e l’Assessorato all’Agricoltura campano con l’obiettivo di rafforzare il legame tra qualità agroalimentare, nutrizione e salute, lavorando su educazione alimentare e promozione. Un tema, quello cibo e salute, introdotto dallo studio Nomisma, che, dati alla mano, evidenzia come tra il 2014 e il 2023 in Italia la spesa per pane e cereali, frutta e ortaggi è cresciuta in valori correnti, ma se valutata a prezzi costanti rivela una contrazione: segnale quindi di un calo dei volumi acquistati. E che, di contro, la spesa per oli e grassi ha registrato un aumento, così come quella per carne, pesce, latte e derivati, confermando così un cambiamento nelle abitudini di acquisto. Con ripercussioni sul versante della salute pubblica - dove l’Italia mantiene un’incidenza di obesità più bassa rispetto alla media europea (10,5% contro il 16,5% media Ue) - ma con i dati regionali che evidenziano situazioni critiche soprattutto nel Mezzogiorno, dove si registra una maggiore prevalenza di sovrappeso e obesità. Un segnale positivo, secondo Nomisma, arriva invece dall’agricoltura biologica, che in Campania ha conosciuto una forte espansione passando da 21.000 ettari di superficie bio del 2014 ai 103.000 ettari del 2023.
Altro tema affrontato da Nomisma, con focus sulla Campania, è quello dello spreco alimentare distinguendo tra “food loss” (legato alle fasi di produzione e trasformazione) e “food waste” (concentrato nella distribuzione e nei consumi finali), stimando che nel 2022 sia andato perduto o sprecato il 13% del cibo prodotto nella fase primaria e il 19% nelle fasi finali della catena alimentare. L’Italia si colloca tra i Paesi con livelli di spreco più contenuti (139 kg pro capite all’anno, contro una media Ue di 129 kg: di cui il 53% a casa, il 12% nella ristorazione e il 18% nella manifattura, e dove ogni famiglia italiana getta in media 618 grammi di cibo a settimana, in crescita del 16% rispetto al 2021). La Campania, nel 2023, ha visto quasi metà della frutta fresca prodotta in regione (46%) rimanere in campo, insieme al 21% degli ortaggi coltivati in serra e al 17% di quelli in piena aria: una perdita economica significativa per le imprese agricole e al tempo stesso un mancato valore per l’intera filiera.
Un filone analizzato dal report è anche quello del suolo e dell’acqua, risorse fondamentali per l’agricoltura campana e sempre più esposte a pressioni ambientali e antropiche: l’11% del territorio regionale è consumato (terzo posto per incidenza dopo Lombardia e Veneto), il che si accompagna ad una elevata densità abitativa che ha comportato trasformazioni irreversibili del territorio. Altra criticità riguarda le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola, dove il 72% è rappresentato da aree agricole. Riguardo al legame tra mare e agroalimentare, Nomisma evidenzia che la Campania dispone di una flotta peschereccia composta da 1.021 battelli (l’8,6% del totale nazionale): nonostante le imbarcazioni campane siano mediamente più leggere e meno potenti della media italiana, nel 2023 la produzione ittica regionale è stata pari a 5.001 tonnellate, per un valore complessivo di 37,3 milioni di euro, collocando la regione al nono posto nazionale sia per quantità sia per valore delle catture.
Per quanto riguarda le comunità rurali campane, Nomisma racconta di un trend di progressivo spopolamento: tra il 2019 e il 2024 la regione ha perso in media il 4% della popolazione, fenomeno che si riflette direttamente sulla vitalità delle comunità rurali, sulla disponibilità di forza lavoro agricola e sulla tenuta dei servizi nei piccoli comuni. La perdita di superfici coltivate (-10% tra il 2010 e il 2020), associata allo spopolamento, accentua, secondo la ricerca, il rischio di abbandono e di degrado paesaggistico, ma al tempo stesso stimola la riflessione sulla necessità di politiche di valorizzazione delle aree interne.
In chiusura il tema della conoscenza in agricoltura: il 60% dei conduttori agricoli campani ha un titolo di studio non superiore alla licenza media, mentre solo il 9% risulta laureato, a fronte di un dato nazionale del 12%. Un segnale incoraggiante arriva però dalla formazione continua, con il 29% dei conduttori campani che ha frequentato almeno un corso di aggiornamento, in una regione dove operano 69 istituti agrari, pari all’8% del totale nazionale, con una crescita degli studenti iscritti del 55% rispetto al 2015. L’incidenza regionale degli studenti di indirizzo agrario è pari al 7,1% del totale italiano, collocando la Campania tra le prime cinque regioni per peso della formazione agraria.
Infine, un focus sui giovani e l’agricoltura. Nel 2020 il 9,3% delle aziende agricole campane era guidato da un capo azienda under 40, (media nazionale 10,9%), mentre il 37% delle imprese è condotto da persone tra i 60 e i 74 anni e solo il 3% è affidato a imprenditori con meno di 29 anni. Sul piano del genere le aziende agricole a conduzione femminile sono 30.700 (il 38,8%, tra le quote più alte in Italia). Tuttavia il numero delle aziende giovanili ha registrato una flessione importante: tra il 2019 e il 2024 la Campania ha perso il 24% delle imprese condotte da under 35, un calo più marcato rispetto al -10,8% nazionale, con il 33,6% delle aziende campane che ha diversificato i propri redditi attraverso agriturismo, trasformazione, contoterzismo o produzione di energia. In particolare, il 21,4% svolge attività di trasformazione, l’11,4% offre servizi di agriturismo o fattorie didattiche e il 16,9% opera nella prima lavorazione.
Nomisma conclude il suo report sostenendo che, dalla Campania dell’agroalimentare, “emerge un sistema che affronta sfide strutturali complesse, ma che al tempo stesso mostra punti di forza solidi, capaci di orientarne la traiettoria di sviluppo. La crescita delle esportazioni, l’espansione delle produzioni biologiche e integrate, la diffusione di attività connesse nelle aziende agricole e la centralità delle filiere Dop e Igp - prosegue - testimoniano la capacità della Campania di valorizzare la propria identità e di competere sui mercati internazionali. Il ruolo delle comunità rurali, la vitalità del comparto ittico, la presenza significativa di imprese femminili e il contributo dei giovani, pur in un contesto di riduzione numerica, delineano un tessuto dinamico che richiede politiche mirate per consolidarsi”.

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