“È un film che inizia in modo misterioso, per rivelare gradualmente la sua trama dolorosa, poi accendersi in un conflitto vivace e buffo e chiudere con un sentimento di fiducia. Un film sulla morte e sulla vita, su come anche il dolore possa generare tenerezza e protezione. Adriano sembra cercare ostinatamente una solitudine che è disturbata dall’arrivo di una comunità di ragazze e ragazzi. Tra loro Matilde, che è incinta ma non sembra importarle se il nascituro abbia un padre. Il tema del padre e della paternità - se serva a qualcosa o se non serva a niente - anima il duello tra Adriano e Matilde. Il reciproco fastidio diventa alleanza, una tutela per lei, forse una rinascita per lui. Intorno c’è la Natura che ci assomiglia: un vigneto selvatico che, se curato, produce un vino che mette euforia”. Parole di Paolo Virzì, regista del film “Cinque Secondi”, con Valerio Mastandrea, Galatea Bellugi, Valeria Bruni Tedeschi, Ilaria Spada e Anna Ferraioli Ravel nel cast, e che fa tornare il mondo del vino protagonista al cinema (e nelle sale dal 30 ottobre, come avevamo raccontato su WineNews).
Paolo Virzì torna a raccontare con il suo sguardo ironico e toccante una storia profondamente umana sulle seconde occasioni, che, questa volta, hanno un legame anche con il mondo del vino. Un legame reale, sullo sfondo di “una Toscana più ruvida, più imperfetta, non rileccata, ma forse per questo più vera, più intima, fatta di arbusti, di vigne perdute” dice il regista, e perché ispirato anche alla vera storia della produttrice Augusta Bargilli, alla guida della cantina che porta il suo nome nei Colli Orientali del Friuli, dove ha iniziato a produrre vino per tornare alla terra alla quale la legava il bisnonno, nobile proprietario toscano nella Maremma Toscana dell’Ottocento, valorizzando i vitigni autoctoni, come il Friulano, la Malvasia, la Ribolla gialla, il Picolit e il Refosco dal peduncolo rosso, e gli internazionali, quali lo Chardonnay e il Merlot, che qui hanno trovato vocazione, grazie al celebre “Metodo di potatura” dei Vine Master Pruners Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, compagno nella vita e nel lavoro.
Nel film recita la figlia, Aloisa Bargilli, nel ruolo di Valentina, della quale, racconta la produttrice, “ero in attesa a 25 anni. Avevo scelto di portare avanti quella gravidanza da sola, di affrontare la maternità come un atto di libertà e di fede, e in quell’attesa, fragile e potente insieme, è iniziato il mio ritorno alla terra. Sono tornata a Collemezzano (a Cecina, ndr), dove sono nata,e in quel ritorno, nel silenzio delle campagne e delle vigne abbandonate, ho sentito che la terra poteva diventare il mio rifugio, la mia salvezza. Col tempo ho compreso che non si trattava solo di tornare a casa, ma di tornare dentro di me, alle radici della mia storia familiare”. Una storia segnata dal rapporto difficile con il padre, e con il recupero di quella terra vissuto anche come un modo riconciliarsi. “Il vino è diventato la chiave di una riconciliazione - spiega Augusta Bargilli - da strumento di distruzione, com’era nella vita di mio padre, a strumento di armonia e di amore. Attraverso il vino ho imparato che nulla si perde davvero: ogni vendemmia, ogni vite, ogni annata porta in sé la possibilità di un nuovo inizio. Nel cinema una storia di terra e di vino appare raramente. Eppure non c’è famiglia in Italia che non abbia avuto un padre o un nonno con un bicchiere accanto al piatto, un vino nella cantina, un ricordo legato a una vendemmia o a un profumo. Il vino è l’eredità di tutti - conclude - un patrimonio di cultura e di umanità che non dobbiamo perdere”.
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