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NORMATIVA ENOICA

Vino No-Lo made in Italy, la filiera plaude al decreto “fiscale” che sblocca la produzione in Italia

“Finalmente un quadro normativo chiaro”, commentano Unione Italiana Vini - Uiv, Federvini, Confcooperative, Coldiretti e Filiera Italia, e Legacoop
Coldiretti, DEALCOLATI, FEDAGRIPESCA CONFCOOPERATIVE, FEDERVINI, MINISTERO DELL'AGRICOLTURA, MINISTERO DELL'ECONOMIA, UIV, vini dealcolati, Italia
Vino No-Lo made in Italy, la filiera plaude al decreto “fiscale” che sblocca la produzione

Dal primo decreto che ha aperto alla possibilità di produrre vini dealcolati anche in Italia, di dicembre 2024, al decreto in materia “fiscale” firmato, ieri, dai Ministeri dell’Agricoltura, guidato da Francesco Lollobrigida, e di Economia e Finanze, guidato da Giancarlo Giorgetti, che sblocca di fatto la possibilità di realizzare questi prodotti nel territorio nazionale, è passato quasi un anno. Ma finalmente, a detta dello stesso Ministro Lollobrigida, e di tutte le organizzazioni di categoria, c’è un quadro normativo chiaro che consentirà ai produttori del Belpaese di condurre tutta la filiera in Italia (mentre fino ad oggi chi ha comunque voluto investire in questi prodotti ancora di nicchia, ma in forte ascesa, che oggi valgono già 2,4 miliardi di dollari, e sono destinati a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari nel 2028, ha dovuto dealcolare in altri Paesi europei più avanti nella normativa, Francia e Germania in testa).
E se già nella giornata di ieri Unione Italiana Vini - Uiv, con il segretario Paolo Castelletti, aveva commentato positivamente la firma del decreto, definendola “una bella notizia alla fine di un 2025 travagliato”, sottolineando che “sono sempre di più le imprese italiane pronte a investire sulla categoria dei dealcolati, e questo provvedimento rappresenta una svolta per operare in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei”, in queste ore un consenso unanime arriva dalle altre organizzazioni di categoria.
“La sigla del decreto rappresenta un passo significativo per il settore vitivinicolo italiano, perché offre certezze normative su un segmento in evoluzione, capace di rispondere alle mutate esigenze di consumatori in particolare sui mercati esteri”, commenta Gabriele Castelli, dg Federvini, che “esprime apprezzamento per il lavoro svolto dai Ministeri competenti e per il percorso di confronto che ha consentito di giungere a un risultato importante e da tempo atteso dal settore. Questo quadro chiaro consente agli operatori di pianificare con maggiore sicurezza lo sviluppo di prodotti innovativi, mantenendo al contempo la qualità e l’identità della nostra produzione vitivinicola. È importante che il mercato dei vini dealcolati cresca senza snaturare la nostra tradizione: innovazione e qualità possono convivere, offrendo nuove opportunità senza sostituire i vini che hanno contribuito a costruire la reputazione enogastronomica dell’Italia nel mondo”, aggiunge il dg Federvini, che “conferma la propria disponibilità a collaborare con le istituzioni e con l’intera filiera per accompagnare l’attuazione del decreto e sostenere una crescita equilibrata del settore, nel segno della qualità e della valorizzazione del prodotto italiano”.
“La pubblicazione del decreto interministeriale che fissa le norme per la consentire anche ai produttori italiani di realizzare vini dealcolati e parzialmente dealcolati è una buona notizia che giunge al termine di un anno particolarmente complesso per il settore vitivinicolo sul fronte dei mercati”, sottolinea Luca Rigotti, presidente Settore vitivinicolo Confcooperative Fedagripesca. “Si tratta di un passaggio fondamentale - spiega Rigotti - che permetterà alle imprese italiane, a partire dalle cantine cooperative, che rappresentano una componente rilevante della produzione vitivinicola nazionale, di operare finalmente in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei che già da tempo presidiano questo segmento. La nostra federazione ha partecipato attivamente in questi mesi a un lungo e articolato confronto istituzionale, con l’obiettivo di mettere a disposizione delle cantine cooperative un nuovo strumento per affrontare i mercati, in particolare quelli internazionali, dove la domanda di vini a più bassa gradazione non può più essere considerata una moda, ma un cambiamento comportamentale di lungo periodo”. Secondo le stime di Confcooperative Fedagripesca, conclude Rigotti, “questo fenomeno riguarda un potenziale di milioni di consumatori a livello mondiale. Una domanda destinata a crescere parallelamente all’evoluzione delle tendenze legate a salute e benessere, spinta dalla curiosità, dal desiderio di adottare stili di vita più sani e dalla volontà di limitare il consumo di alcol senza rinunciare al piacere del vino”.
Parlano di “passaggio atteso che contribuisce a dare certezza normativa a un segmento di mercato in evoluzione, dopo un periodo particolarmente complesso per il comparto vitivinicolo, segnato da difficoltà sui mercati, tensioni sui costi e cambiamenti nei consumi”, invece, Coldiretti e Filiera Italia che, spiega una nota, “hanno seguito con attenzione e senso di responsabilità l’intero percorso che ha portato all’adozione del provvedimento, mantenendo nel tempo una posizione chiara e coerente: accompagnare l’innovazione senza snaturare l’identità del vino italiano, tutelando le denominazioni, il valore culturale del prodotto e il lavoro delle imprese agricole. In più occasioni Coldiretti e Filiera Italia - spiegano le organizzazioni - hanno ribadito la necessità di distinguere con precisione tra vino e prodotti ottenuti attraverso processi di dealcolazione, evitando ambiguità che possano generare confusione nei consumatori o indebolire il sistema delle Dop e Igp”. Allo stesso tempo, è stato sottolineato come “la crescita dei prodotti no e low alcol sia un fenomeno di mercato da governare con regole chiare, garantendo condizioni di concorrenza eque per le imprese italiane rispetto agli altri Paesi europei”.
Positivo anche il copmmento di Legacoop Agroalimentare, guidata da Cristian Maretti, che sottoliena come “il mercato italiano dei vini analcolici è esploso, passando da 8 milioni di euro nel 2021 a 55 milioni nel 2024, con previsioni di ulteriore crescita del 60% per quest’anno”.
Secondo l’Area Studi di Legacoop Agroalimentare sulle cooperative vitivinicole aderenti, l’11% delle realtà produce già vini dealcoalti, e un ulteriore 22% si appresta a farlo. “Sono dati che dimostrano attenzione e capacità di adattamento - aggiunge Maretti - e le competenze professionali presenti nelle cantine cooperative sapranno esprimersi al meglio anche su prodotti innovativi come questi”. In particolare, secondo Legacoop Agroalimentare, in un una fase complessa per il comparto vitivinicolo, i vini dealcolati e low alcol possono rappresentare uno stimolo importante per avviare riflessioni più ampie sulle diverse segmentazioni di mercato. “Non esistono soluzioni miracolistiche valide per tutti - conclude Maretti - è necessario partire dai mercati più in sofferenza e costruire percorsi specifici che chiamano in causa anche le scelte dei Consorzi di tutela, sia sul fronte della promozione e delle nuove modalità di consumo, sia su quello del controllo delle produzioni. Di certo non sarà introducendo nuove misure restrittive per il vino da tavola che si risolveranno i problemi degli altri segmenti”.

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