Forse, anzi, di sicuro, non basterà una app a risolvere la piaga dell’italian sounding, ma è comunque uno strumento in più, un buon punto di partenza. A lanciarla ci ha pensato Reliabitaly, associazione no profit nata per tutelare e difendere il made in Italy in tutto il mondo, proprio alla luce di un dato che, da solo, dà l’esatta dimensione del fenomeno della contraffazione: 54 miliardi di euro, il valore, calcolato da Assocamerestero, dei prodotti spacciati per italiani ma che di italiano non hanno neanche il nome, figurarsi le materie prime e la qualità.
La app è semplicissima da usare: i prodotti la cui italianità è stata certificata da Reliabitaly sono all’interno di un database, e ad ogni prodotto è dedicata una pagina web. Per verificarne l’autenticità basta fotografare il codice a barre riportato sulla confezione, per venire reindirizzati sulla pagina del prodotto, da cui scorrere immagini, vedere video collegati ai relativi metodi produttivi, approfondire le caratteristiche tecniche. La corrispondenza biunivoca, come si legge sul sito dell’associazione (www.reliabilaty.com) che si crea tra il prodotto, il suo codice e la pagina web permettono al consumatore di essere certo che il marchio Reliabitaly non sia stato riprodotto illecitamente e che quindi quel prodotto è stato realmente verificato dalla nostra Organizzazione.
L’italian sounding, come racconta il report di dicembre firmato da Assocamerestero, l’associazione che riunisce le 78 Camere di Commercio Italiane all’estero, rappresenta un fenomeno sempre più diffuso, il cui impatto economico, è spesso sottostimato: il volume d’affari, come detto, è pari a 54 miliardi di euro (di cui 24 miliardi nell’area del Nord e Centro America), più della metà dell’intero fatturato dell’industria alimentare italiana (132 miliardi di euro). L’acquisto di prodotti italian sounding risulta ancor più centrale se si considerano i tassi largamente dimezzati dell’export di settore nell’anno in corso, rispetto al +6,7% totalizzato nel 2015, secondo le elaborazioni Assocamerestero su dati Istat.
L’analisi di Assocamerestero sul fenomeno prende a riferimento diversi parametri: dal canale di vendita, alla tipologia di prodotto, dalle caratteristiche del packaging con marchi che echeggiano l’Italia al ricorso a colori e grafica che ricordano il Belpaese ed ancora alle differenze di prezzo tra il prodotto imitato e quello autentico, che si attestano su una media del -30% sull’originale. Le tipologie di prodotto considerate sono: latticini, pasta, salse, prodotti a base di carne, aceto, olio, prodotti sottolio e sottaceto, prodotti da forno e vino.
Risultano evidenti, per i prodotti italian sounding, le riduzioni di prezzo, spesso elevate, che raggiungono punte del -80% rispetto all’originale. I latticini sono il prodotto più interessato dal fenomeno, a causa anche della difficoltà di reperimento del prodotto autentico; gli abbattimenti di prezzo rispetto al prodotto italiano oscillano su una piazza molto rappresentativa come Chicago dal -13% della fontina, al -38% del “parmesan”, al -50% del mascarpone ancora al -48% dell’Asiago. In alcune catene distributive, inoltre, si raggiungono picchi del -75% per il provolone, -68% per il gorgonzola, fino a raggiungere il -80% sul prodotto autentico per fontina e pecorino sulla piazza di Los Angeles.
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