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A DISTANZA DI ANNI, L’ALLARME APICOLTURA RESTA INASCOLTATO: IL MONDO APISTICO SCENDE IN CAMPO CONTRO LA STRAGE DELLE API, CHE METTE A RISCHIO L’EQUILIBRIO NATURALE GLOBALE, LA NOSTRA SALUTE E ALIMENTAZIONE

A distanza di un anno, l’allarme apicoltura sembra rimanere inascoltato e il rischio che si corre non riguarda solo una delle produzioni nazionali più importanti, come quella del miele, ma l’intero equilibrio naturale mondiale, la nostra salute e alimentazione. Per questi motivi tutte le componenti del mondo apistico nazionale e non solo - da Unapi a Fai, da Legambiente a Confagricoltura, alla Cia e Agrofarma, alla Coldiretti - sono protagoniste di una movimentazione collettiva e portavoce della richiesta di un intervento immediato e congiunto da parte di istituzioni, ricerca, apicoltori e agricoltori, perchè la strage delle api ha numeri allarmanti, con una riduzione del 30/50% del patrimonio apistico nazionale e un danno economico per la mancata impollinazione di 250 milioni di euro.

Oltre 1/3 delle coltivazioni da cui dipende la nostra alimentazione sono impollinate attraverso il lavoro degli insetti, al quale le api concorrono per l’80%: “mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e, colza - spiega la Coldiretti - dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti, come pure la grande maggioranza delle colture orticole da seme, come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla, si può riprodurre grazie alle api. Ma le api sono utili anche per la produzione di carne con l’azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme come l’erba medica ed il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento”. In Italia si contano più di 1 milione di alveari che ospitano circa 50 miliardi di api, il cui lavoro di impollinazione ha un valore stimato in 2,5 miliardi di euro all’anno. “Nel 2007 - sottolinea la Coldiretti - la perdita in Italia di 200.000 alveari ha provocato un danno economico per la mancata impollinazione pari a 250 milioni di euro. Per questo occorre fare al più presto chiarezza sulle cause che stanno provocando una vera strage delle api, che ha ridotto dal 30 al 50% il patrimonio apistico nazionale mettendo a rischio, oltre al miele, l’equilibrio naturale globale con effetti sulla salute e l’alimentazione, considerando che solo in Italia il consumo procapite di miele è stimato intorno ai 400 grammi all’anno”.

Le regioni prevalentemente colpite sono Piemonte e Lombardia, mentre segnali di morie delle api si registrano anche in Veneto, Emilia Romagna, Toscana e in quasi tutte le regioni del centro-nord. Le sostanze incriminate e sotto accusa sono i nuovi insetticidi prodotti dai colossi della chimica - neurotossici e neonicotonidi di seconda generazione, utilizzati dall’Italia per il 33% all’interno della Ue, sul 10% dell’intera terra coltivata nella Ue - che, sparsi nell’ambiente durante la semina, contaminano la rugiada e la fioritura, uccidendo gli insetti fino a chilomeri di distanza dai campi di semina. La Fai - Federazione Italiana Apicoltori - sottolinea che “per salvare gli alveari italiani occorre un rapido intervento di monitoraggio e coordinamento tra istituzioni, ricerca, apicoltori e agricoltori e un’azione unitaria tra i ministeri di Agricoltura, Ambiente e Salute “viste le competenze in materia di disciplina dei fitofarmaci e la valenza delle api per il mantenimento della biodiversità”. La Federazione chiede poi alle Regioni “l’immediato recepimento dell’articolo 4 della legge n. 313/2004 che attribuisce loro facoltà di emanare interventi sospensivi dell’impiego di fitofarmaci, laddove si segnalino episodi di tossicità a danno delle api”. La Fai precisa che occorre “distinguere tra moria delle api e mortalità degli alveari” e avverte che “le importazioni e la commercializzazione di api vive e api regine rischiano di innescare pericolosi processi di ibridazione e diffusione di malattie non ancora presenti sul territorio nazionale”.

“Dare ascolto all’allarme lanciato dagli apicoltori italiani e prendere atto della moria delle api e di tutti gli insetti utili; sospendere d’urgenza l’autorizzazione d’uso delle sostanze insetticidi; aggiornare sia in Italia, sia nella Ue anche in campo agricolo le procedure per una vera ed efficace valutazione di im patto ambientale delle sostanze chimiche immesse sull’ambiente” sono le tre richieste fondamentali di Legambiente e Unaapi al Ministero delle Politiche Agricole, forti del fatto che in Francia l’autorizzazione d’uso di queste sostanze è stata sospesa su tutte le colture di interesse apistico. “Il Ministero delle Politiche Agricole - sottolineano - ha preso una settimana di tempo per verificare la praticabilità per la sospensione delle molecole killer, per acquisire i dati degli apicoltori e le sentenze del Consiglio di Stato francese”. Agrofarma propone “l’immediata istituzione di un tavolo di confronto tra le associazioni più rappresentative dell’apicoltura, dell’agricoltura, delle sementi e delle macchine seminatrici, per integrare e sostenere l’importante attività già avviata attraverso gli incontri periodici presso il Ministero delle Politiche Agricole Forestali, al fine di individuare con certezza le cause della moria delle api. Questo perchè accreditare gli agrofarmaci come unica causa, è infondato dal punto di vista scientifico tanto più che negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo calo nell’utilizzo dei prodotti fitofarmaceutici (-35% dal 1990 ad oggi)”.

Sulla stessa linea si dichiara la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori - che sollecita “l’immediata sospensione di alcuni tipi di fitofarmaci e provvedimenti mirati a sostegno del settore che conta più di 50.000 apicoltori, oltre 1.200.000 alveari, una produzione di miele che supera le 10.000 tonnellate l’anno”.

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