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ACCADEMIA DEI GEORGOFILI - PREZZI DI PANE E PASTA, AUMENTI IRREVERSIBILI

Brutte notizie per tutti i consumatori: il prezzo di pane e pasta non diminuirà nell’immediato futuro. Lo ha detto oggi a Firenze, ad un incontro su “Grano/pane e pasta”, promosso dall’Accademia dei Georgofili, Giorgio Amadei, docente di economia e politica agricola dell’Università di Bologna, tra i primi ad intervenire a livello nazionale sul “caro pane”.

“Quando il prezzo di un qualsiasi bene sale - ha spiegato Amadei - è sempre difficile vederlo tornare indietro, anche quando vengono meno le condizioni che hanno determinato il rincaro. Nel caso del grano l’Unione Europea ha eliminato i finanziamenti sulle produzioni rendendo la coltivazione poco remunerativa per gli agricoltori che hanno smesso quindi di seminarlo. Una situazione fino a ora tamponata dalle importazioni e da una buona produzione mondiale che ha registrato però nell’ultimo periodo una grave riduzione anche a causa di motivi climatici. L’aumento della domanda ha comportato un rapido aumento dei prezzi, destinati a rimanere alti anche nel prossimo futuro dato che il consumo dei beni derivati dal grano è molto rigido. Tra l’altro un aumento dell’offerta di grano nei prossimi anni non sarà sufficiente a far ridurre altrettanto velocemente i prezzi. I prezzi del grano rimarranno stabili anche se arriverà la nuova produzione questo perché quest’anno saremo costretti a svuotare i magazzini, tutte scorte che dovremo ricostituire nei prossimi anni”.

Non solo il prezzo del grano risulta decisivo per l’impennata dei prezzi. “A differenza del passato - ha spiegato Amadei - l’incidenza della materia prima sui costi di produzione è molto piccola, inferiore al 20%. Nel caso del pane e della pasta bisogna anche considerare cosa è successo ai costi degli altri elementi come energia, lavoro, e fisco”.

Anche Luigi Costato, docente di diritto dell’Unione Europea dell’Università di Ferrara, che ha puntato il dito sull’ “eccessivo liberismo” che caratterizzerebbe il mondo l’agricoltura. “La liberalizzazione che si è incentivata con l’eliminazione dei dazi doganali, l’abolizione dei sostegni agricoli richiesta dal Wto, i pagamenti incondizionati agli agricoltori, hanno fatto sì che il grano duro in Italia non si sia più seminato, e quindi non abbiamo più a disposizione la materia prima. Mentre due anni fa una tonnellata di grano duro costava 140 euro, oggi costa 350 euro e non potremo arrivare con le scorte al nuovo raccolto, non avremo abbastanza semola per fare la pasta fino all’anno prossimo. Da qui l’aumento dei prezzi. La soluzione che vedo è quella che gli Stati, l’Unione Europea provvedano a far ricostituire le scorte di grano: si riempiono arsenali e caserme sarebbe l’ora di pensare ai granai. I Paesi devono avere a disposizione le materie prime per fare fronte a problemi contingenti come quelli che si sono verificati in questo ultimo periodo e che hanno fatto lievitare i prezzi”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente dell’Accademia dei Georgofili, Franco Scaramuzzi: “per effetto dei prezzi più elevati, non mancherà - ha detto Scaramuzzi - ora un diffuso stimolo ed impegno ad aumentare le superfici coltivate e le produzioni. Ma non sarà facile far ritornare i prezzi ai livelli degli ultimi anni. Vi sono già ostacoli, come l’aumento dei costi delle indispensabili sementi, ma soprattutto i pericolosi effetti domino di un diffuso timore inflazionistico. Oltre che confidare quindi in condizioni climatiche ed in altri fattori congiunturali più benevoli, nei prossimi anni dovremo sperare in una maggiore lungimiranza delle strategie politiche per il superamento di cause strutturali. Prima di tutto va corretta l’attuale miope considerazione in cui viene tenuta l’agricoltura alla quale bisogna che vengano riconosciute, in un bilancio sociale, valenze diverse e maggiori di quelle soltanto economiche”.

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