Se è vero come è vero che, secondo le stime, falso made in Italy e “Italian sounding” valgono oltre 100 miliardi di euro, sui poco più di 60 miliardi di euro di export dei prodotti realmente italiani, non stupisce più di tanto che, anche nelle grande fiere internazionali, qualcosa che non va si possa sempre trovare. È accaduto sovente, in passato, e non fa eccezione Anuga 2023, la più importante manifestazione fieristica al mondo dedicata al food & beverage, di scena, nei giorni scorsi, a Colonia, dove è arrivato un intervento del Consorzio del Parmigiano Reggiano che ha portato alla denuncia di falso Parmigiano Reggiano con un pronto intervento delle autorità tedesche.
“Non è la prima volta che un fake Parmesan arriva anche nell’Ue dove non può assolutamente essere commercializzato né pubblicizzato. In questo caso specifico il prodotto, un formaggio grattugiato americano recante il termine Parmesan, è stato esibito su un pannello pubblicitario”, spiega una nota del Consorzio del Parmigiano Reggiano. Che ha chiesto e ottenuto l’intervento delle Autorità tedesche, preposte ai controlli ufficiali, che hanno a loro volta richiesto all’azienda americana di oscurare il termine “Parmesan” presente nel totem pubblicitario. Dopo ulteriori verifiche e appurando che l’azienda non aveva provveduto all’oscuramento, il Consorzio ha presentato un ricorso cautelare “inaudita altera parte” avanti al Tribunale di Colonia che in tempi molto rapidi ha emesso un provvedimento di inibitoria, con il divieto per l’operatore di pubblicizzare in Germania formaggio con la denominazione “Parmesan secondo l’immagine contestata, ordinandogli di consegnare a un ufficiale giudiziario tutti i prodotti e i materiali in suo possesso in violazione dell’inibitoria.
Nel 2008, la Corte di Giustizia Ue, aveva già sancito che il termine "Parmesan" non è generico, ma rappresenta un’evocazione della denominazione "Parmigiano Reggiano" e non può essere utilizzato per formaggi non conformi al disciplinare della Dop italiana.
“La tempestività dell’intervento delle autorità tedesche a seguito della nostra denuncia - sottolinea il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli - si lega al fatto che, dopo anni di contenziosi, abbiamo ottenuto dall’Unione Europea una legislazione che non lascia dubbi in materia di tutela, prevedendo, tra l’altro, anche l’obbligo di tutela delle Dop “ex officio” in tutti gli Stati membri della Ue, con una responsabilità diretta degli stessi in materia di vigilanza. Il provvedimento del Tribunale di Colonia, poi, come già avvenuto in passato con altre decisioni, è in linea con i principi stabiliti dalla Corte di giustizia. In Europa - prosegue Bertinelli - il nostro sistema di repressione ha quei livelli di efficacia che ancora non sono possibili in tutto il mondo e ai quali l’Unione Europea sta cercando di porre rimedio nel contesto degli accordi di libero scambio con i paesi terzi. Fuori dall’Unione, si registra ancora un utilizzo ingannevole di richiami alla nostra denominazione, con evidenti ripercussioni negative sui consumatori locali e sulle nostre possibili esportazioni. Questo ulteriore caso di attacco nel territorio europeo dimostra che è giunto il momento di un salto di qualità del sistema fieristico comunitario. Servono regole comuni tra gli enti fieristici per assicurare che le nostre fiere siano “fake free”, evitando così inutili e costosi interventi dei consorzi e dei tribunali”.
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