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Addio a Bernardo Caprotti, il padre di Esselunga, che nell’Italia del boom economica ha rivoluzionato il mondo del commercio. Storico il dualismo con Coop, raccontato nel bestseller “Falce e Carrello”. E la vendita del gruppo, adesso, rischia lo stop

Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi imprenditori dell’Italia contemporanea, Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga, che dal 1957 ha rivoluzionato il mondo del commercio al dettaglio, è morto a pochi giorni dal suo 91esimo compleanno. Rampollo di una famiglia di imprenditori tessili, Caprotti ha portato in Italia il modello della grande distribuzione americana, con un progetto che, all’inizio, ha avuto tra i suoi principali finanziatori il magnate Usa Nelson Rockefeller. Nasce allora, nel novembre 1957, la grande “S”, marchio rimasto sempre uguale a se stesso, con il primo punto vendita a Milano. Nel 1965, sull’onda del boom economico, i negozi sono già 15, di cui 10 a Milano e 5 a Firenze, città dove il ruolo della cooperazione, e quindi della Coop, è sempre stato centrale, anche nella storia di Caprotti, che al dualismo tra Esselunga e Coop ha dedicato, qualche anno fa, un libro diventato subito bestseller, “Falce e Carrello”.

Oggi, i punti vendita sono diventati 150 in tutta Italia, con 22.000 dipendenti ed un fatturato annuo di 8 miliardi, che, come raccontato nelle scorse settimane, ha attirato l’interesse di gruppi ed investitori stranieri, tanto che Caprotti a metà settembre aveva dato mandato alla banca d’affari Usa Citigroup di selezionare le manifestazioni d’interesse e procedere alla vendita di Esselunga. Che, adesso, potrebbe subire una frenata: i figli Giuseppe e Violetta, avuti in primo matrimonio, e con cui non correva buon sangue, vorrebbero ritirare il mandato affidato a Citigroup dal padre, e puntare sulla quotazione in borsa, ma controlleranno, presumibilmente, solo il 16,6% ciascuno delle quote della holding (per un totale del 33,3%), mentre non si conosce la volontà della figlia Marina (cui spetta un altro 16,6%, ndr), avuta dalle seconde nozze con Giuliana Albera, cui andrà il 25% dell’impero di Caprotti.
Solo l’apertura del testamento, depositato dal notaio Carlo Marchetti, fugherà i dubbi sul futuro del gruppo: se il restante 25% rimanesse nelle mani della moglie Giuliana, insieme alle quote della figlia avrebbe in mano la maggioranza, ed è molto probabile che la cessione vedrebbe la luce, altrimenti, tornerà tutto in discussione.

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