Che si torni a cucinare: una tendenza che suona come un monito, perché il futuro dell’alta cucina italiana passa necessariamente per un ritorno alla semplicità, alla ricerca degli ingredienti, puntando più sulla sostanza che sulla ricerca, perché i fornelli, in fin dei conti, devono essere il laboratorio del gusto, non della spettacolarizzazione del piatto a tutti i costi. Emerge dai primi due giorni di “Identità Golose”, kermesse ideata da Paolo Marchi (www.identitagolose.it), che punta forte anche sul binomio gusto-salute, “perché il cibo è una filosofia messa in pratica”, come sostiene Pietro Leemann, chef del Joia di Milano, il “tempio” italiano della cucina vegetariana.
Ma, come nel mondo del vino ci si è resi conto che il vero lusso non sta tanto nel possesso di una grande bottiglia, quanto nel piacere di berlo, nel mondo del food si sta imponendo “il lusso della semplicità - spiega Paolo Marchi - che è ormai diventato una parola d’ordine nel panorama della cucina e della pasticceria d’autore”.
Lezioni, dimostrazioni di tecniche e ricette e naturalmente assaggi con 74 chef arrivati da tutto il mondo, a riprova del fatto che l’alta cucina non vuol dire solo Francia o Italia ma anche Brasile, Sudafrica, Scandinavia: questa la formula della kermesse, collaudata da otto edizioni in crescendo, a testimoniare l’interesse in costante aumento verso il cibo.
Ma, in un momento tanto delicato, capita che l’arte si carichi sulle spalle il disagio dei più poveri, come prova a fare Franca Formenti, coinvolgendo proprio gli chef di “Identità Golose” (coinvolgendo lo stesso Paolo Marchi), in un’iniziativa che vuol mettere in scena una parodia del benessere di pochi e del disagio di molti.
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