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Vino: WineNews, ancora duello tra “vecchio” e “nuovo” mondo enologico le due filosofie produttive e di mercato si sfidano ... Lo scontro, ormai più che trentennale, fra “Vecchio” e “Nuovo” mondo enologico, in un periodo complesso come quello attuale, in cui il livello della competizione sui mercati si è ulteriormente elevato, sembra davvero configurarsi come un “duello all’ultimo sangue”. Un tema cruciale dove, tra strategie di marketing, politiche di conquista dei mercati emergenti e logiche distributive, a farla da padrona è, sempre di più, la leva del prezzo: se il “Vecchio” mondo sembra aver infatti definitivamente intrapreso la strada del riposizionamento verso l’alto del valore dei propri vini, sfruttando storia, immagine, territorio, qualità e non ultime le produzioni biologiche e biodinamiche, la scelta del “Nuovo” mondo sembra essersi assestata intorno ad una politica dei prezzi particolarmente aggressiva. Dopo anni in cui, a tutti i livelli, le aziende, stando al sito WineNews, hanno registrato crescite a doppia cifra e la “sete” del pubblico pareva non aver limiti né di spesa, né di consumi, la generale congiuntura economica sfavorevole, la contrazione in Europa dei consumi, i problemi di cambio euro-dollaro e una situazione planetaria quanto meno instabile, ha costretto a ridisegnare tattiche e strategie. E allora, le posizioni si sono fatte più nette e le principali prerogative del “Nuovo” e del “Vecchio” mondo della produzione mondiale di vino si sono nettamente diversificate. Nel “Vecchio” mondo il vino costa, perché prodotto in territori più vocati e, quindi, più difficili e perché l’industria enologica ha inciso in modo meno massiccio. A tutti questi costi, però, il “Vecchio” mondo può contrapporre l’originalità dei suoi vini, la storia e la bellezza dei suoi territori. Insomma, quel famoso valore aggiunto che non potrà mai essere un elemento alla portata del “Nuovo” mondo. E per questo, la scelta, se pure fra mille contraddizioni e qualche incertezza, di giocare su prezzi più importanti sembra definirsi come una strategia vincente e, soprattutto, compresa anche dai clienti finali di tutto il mondo. I Paesi del cosiddetto “Nuovo” mondo (principalmente Stati Uniti, Australia, Argentina, Cile, Nuova Zelanda e Sudafrica), invece, a causa di riserve abbondanti e domanda interna satura, hanno puntato principalmente sull’export di vino sfuso o comunque di vino di segmento prezzo-qualità inferiore, in una strategia di salvaguardia dei volumi più che della marginalità del prodotto. Il “Vecchio” mondo più legato alla protezione e alla denominazione del prodotto con particolare attenzione alla parte “intangibile” dello stesso (che ne garantisce l’alto valore aggiunto), ed il secondo più focalizzato alla funzionalità del prodotto ed ai volumi di vendita. A partire da questo scenario, si confermano opportunità di crescita dell’esportazione per le produzioni del “Nuovo” mondo in mercati di sbocco rilevanti quali Regno Unito, Usa e Cina, ma con dei chiari distinguo. Il Regno Unito è previsto che resti il maggior importatore di vino al mondo, ma sempre più orientato a privilegiare i vini del “Nuovo” mondo e con una sempre più accentuata tendenza ad un livellamento della domanda verso il basso. La Cina sta guardando con più interesse verso i cosiddetti “fine wines”, il core business dell’enologia del “Vecchio” mondo e gli Stati Uniti si avviano a consolidare il proprio mercato privilegiando decisamente i vini prodotti in Europa. Di certo, la sovrapproduzione, la pressione della grande distribuzione e lo sviluppo del fenomeno del “private label” saranno elementi cruciali di impatto fondamentale sulle dinamiche di concorrenza. E, nei mercati emergenti, sarà vitale adottare politiche commerciali diverse, rivolte alla promozione del proprio vino non solo verso i distributori ma anche verso e direttamente il consumatore finale. Senza dimenticare la volatilità dei cambi che continuerà a persistere e quindi a giocare un ruolo importante sulle esportazioni internazionali.

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