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Vino: Oiv, rivedere la definizione “doganale” per quello sfuso ... Rivedere la definizione “doganale” di vino sfuso, perché oggi tutto quello che viaggia in contenitori superiori ai 2 litri lo è, e questo falsa le statistiche e le rilevazioni che servono a studiare i flussi sul mercato, e non solo. Lo propone l’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin (Oiv), nel Comitato di Revisione del Sistema Doganale Armonizzato dell’Unione Europea, a Bruxelles. “Il mercato del vino sfuso - spiega il dg Federico Castellucci al sito WineNews - è stato stimato, nel 2011, in 38 milioni di ettolitri, e rappresenta il 38% del volume totale degli scambi enoici. Ecco perché è necessaria una definizione più puntuale per distinguere il vero sfuso dal vino confezionato, seppur in recipienti di una capacità di due litri o superiore”. Una proposta che, secondo l’Oiv, avrebbe già incontrato il favore di molti delegati dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane. Un fenomeno, quello dello sfuso, che negli ultimi anni sta vivendo una sorta di ritorno di fiamma, soprattutto in mercati come quelli del Nord Europa, si per la spinta della crisi, con la necessità per il commercio di offrire prodotti qualitativamente corretti a prezzi più bassi, ma anche grazie alla tecnologia di “trasporto”, con sistemi come “flexitank” e simili, che garantiscono il mantenimento dell’integrità del vino pur movimentandone grandissimi quantità a costi contenuti. E un’altra spia del “successo” del vino sfuso, di questi tempi, è anche il crescente numero di fiere dedicate al genere, prima fra tutti quella sempre più gettonata di Amsterdam, in Olanda.

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