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Vino: l’indice borsistico Liv-Ex vara il “fine wine 1000” il mercato non riguarda più solo i premiere Cru di Bordeaux ... Il mercato dei fine wine, riferisce il sito WineNews, già da qualche anno, non riguarda più solo i premiere cru di Bordeaux, perché l’eccellenza, in effetti, non può essere appannaggio di un solo terroir, come ha imparato a scoprire chi, in questo mondo, investe capitali importanti, e come ha ampiamente certificato il Liv-ex, l’indice della “borsa” del vino più importante del mondo che, dal 2001, quando ha visto la luce, ha vissuto numerose trasformazioni e, se allora il “Fine Wine 100” monitorava l’andamento delle principali etichette, quasi esclusivamente di Bordeaux, oggi il neonato “Fine Wine 1000” racconta di un mercato sempre più ampio e profondo. Dove, a fianco delle migliori etichette di Bordeaux, da Haut Brion a Lafite Rothschild, da Yquem a Cheval Blanc, e dei Bordeaux Legends, da Angelus a Petrus, si fanno largo i vini d Borgogna, Domaine de la Romanèe Conti su tutti, gli Champagne, da Moet & Chandon a Philipponnat, i vini della valle del Rodano e, soprattutto, gli italiani, gli unici non francesi a poter vantare un indice dedicato a loro, l”’Italy 100”, che prende in considerazione le ultime 10 annate dei 10 vini che, più degli altri, sono stati capaci di animare il mercato dei fine wines: 5 Supertuscan, Masseto, Ornellaia, Sassicaia, Solaia e Tignanello, più il Barbaresco ed il Langhe Sori Tildin di Gaja, il Barolo Le Vigne di Luciano Sandrone, ed altri due toscani, il Messorio delle Macchiole e il Redigaffi di Tua Rita. A completare il “Fine Wine 1000”, quindi, ci sono le 5 etichette del “Rest of the World 50”, a testimoniare di come fosse necessario “riflettere il cambiamento in atto nel mercato del vino - come spiega a The Drinks Business il direttore del Liv-Ex, James Miles - anche attraverso il nostro indice, che adesso rappresenta molto meglio i nuovi rapporti di forza. Se prima Bordeaux pesava per il 92% delle contrattazioni, oggi questa quota, pur maggioritaria, è scesa all’80%, a favore di altre regioni, come Borgogna, Champagne e Italia che, nel 2013, hanno segnato i propri record storici, con aumenti di valore dell’8-9%”. E per chi crede che si tratti di una nicchia, è importante ricordare che queste 100 etichette muovono un mercato da 4 miliardi di euro l’anno.

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