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AFRICA SVENDE TERRE E INVESTITORI CORRONO. IN CINQUE ANNI AFFITTATI 2 MILIONI DI ETTARI E COMUNITA’ DEVONO MIGRARE

In Africa milioni di ettari di suolo fertile sono stati affittati o venduti a investitori esteri, per produrre biocombustibili oppure derrate alimentari per altri Stati, invece di essere destinati al sostentamento locale. “In 5 anni, dal 2004 al 2009, sono stati attribuiti ad operatori del settore agricolo oltre 2 milioni di ettari di suolo agricolo”, una superficie pari a due volte quella dell’Abruzzo, “in quattro Paesi africani, Mali, Ghana, Etiopia e Madagascar”. Lo ha spiegato, all’agenzia giornalistica Ansa, Lorenzo Cotula, ricercatore senior dell’International Institute for Environmental and Development (Iied) e curatore del rapporto “Land grab or development opportunity”, sul fenomeno di accaparramento di terreni agricoli da parte di società soprattutto straniere, con contratti a lungo termine, per produzioni agricole o biocombustibili.
L’attività è nota già dal 2006 ma le novità ad oggi sono due. La prima riguarda il tipo di coltivazione: fino a pochi anni fa si coltivavano biocarburanti ma a partire dal 2009, con l’impennata dei prezzi alimentari, gli investitori si concentrano soprattutto sulla produzione di cereali. L’altro fattore nuovo sta nell’inversione di rotta avvenuta nel procacciamento degli investitori. Secondo l’Iied, alcuni Paesi africani, con i bilanci ridotti dalla stretta agli aiuti pubblici, “si trovano a fare notevoli sforzi di marketing per attirare gli investimenti stranieri” e “censiscono le terre disponibili” per offrirle al mercato. Il Governo dell’Etiopia, a giugno 2009, ha fatto sapere che ci sono 1,6 milioni di ettari di terreno, estendibili fino a 2,7 milioni, pronti per essere coltivati . Molto spesso, però, i governi considerano libere terre dove sono presenti comunità, costrette ad abbandonare i territori in cui vivono, per far posto a campi di canna da zucchero, cereali o olio di palma. E’ accaduto in Mozambico, con il progetto ProCana della società inglese Camec (Central African mining exploration company) per la coltivazione di canna da zucchero, su 30.000 ettari che erano già stati promessi ad alcune comunità locali.
“In molti Paesi africani - afferma Cotula - la terra è di proprietà dello Stato, le popolazioni locali hanno dei diritti di uso e godono di variabili tipi di protezione a livello legale ma la protezione è condizionata ad un utilizzo produttivo della terra. Ci sono, però, alcune forme di utilizzo delle risorse naturali che non vengono considerate sufficientemente produttive, come la pastorizia”.
A comprare terra non sono soltanto società di produzione. Spesso ad investire sono direttamente gli Stati. In Mali, una società controllata dal governo libico, nella zona dell’Office du Niger, sta investendo su un’area irrigabile di 100.000 ettari e per ora l’accordo è chiuso sui primi 25.000. Nell’ultimo vertice Fao sulla sicurezza alimentare era stato proprio il colonnello Gheddafi a mettere in guardia la comunità internazionale contro il “land grabbing”, parlando di “nuovo feudalesimo” africano.
Un altro dei problemi evidenziato dal rapporto Iied è la mancanza di trasparenza degli accordi. “Spesso si sa molto poco di queste negoziazioni e le popolazioni locali non sono consultate” dice Cotula. Esistono anche casi in cui gli investitori coinvolgono i contadini locali nella produzione agricola. In Madagascar, la società indiana Varun ha concluso un accordo con tredici associazioni di proprietari fondiari, per arrivare ad una collaborazione con la popolazione locale e ha realizzato norme sulla distribuzione dei raccolti da destinare ai mercati locali. Il contratto della Varun è arrivato dopo il caso della proposta di Daewoo fatta nel 2009, che intendeva affittare 1,3 milioni di ettari di terreni per 99 anni. La reazione dell’opposizione e del popolo ha portato alla caduta del governo e il nuovo presidente ha cancellato l’accordo.
“Ci sono stati altri investimenti estremamente grandi che invece non hanno avuto nessuna attenzione da parte dei media - sottolinea il ricercatore dell’Iied - come nel caso di un progetto da 500.000 ettari in Madagascar che, per ora, produce biocombustibili su 13.000 ettari’’. La Fao, nel Vertice sulla sicurezza alimentare, ha proposto un codice di condotta per regolamentare gli affitti.

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