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AGROTERRORISMO & BIOSICUREZZA. “TEMA DA APPROFONDIRE PER EVITARE L’11 SETTEMBRE DEI CAMPI”. LA CONFAGRICOLTURA LANCIA L’ALLARME: “LA BIOSICUREZZA STIA DIVENTANDO UNO DEI TEMI PIÙ IMPORTANTI PER LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE”

Negli Usa è stato simulato un attacco di afta epizootica in un allevamento. La presenza del virus è stata individuata dopo cinque giorni quando era già diffuso in 23 Stati; all’ottavo giorno aveva colpito 23 milioni di capi da abbattere in 29 Stati. Insomma una catastrofe dai danni incalcolabili, per un intero settore produttivo, per la sicurezza dei cittadini. L’esperimento è stato descritto oggi nella tavola rotonda, dedicata da Confagricoltura, sul tema “Agroterrorismo e biosicurezza”.

Anche l’agricoltura e, più in generale, il settore agroindustriale vengono considerati tra i possibili obiettivi di azioni terroristiche; quindi si è avviata una cooperazione internazionale di studiosi, che hanno intensificato le sinergie dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. “Il nostro obiettivo - ha detto il presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni - non è creare allarmismo. Vogliamo far conoscere una problematica importante, non perché ci sia un pericolo imminente ma per valutarne per tempo i rischi”.

Nella tavola rotonda, Maria Lodovica Gullino (direttore di Agroinnova, centro di competenza per l’innovazione in campo agro ambientale ed agroalimentare), Fausto Pedrazzini (coordinatore dell’Ufficio Grant dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa), Marco Uguzzoni (comandante del Nucleo Antifrodi dei Carabinieri di Parma) hanno posto in evidenza come la “biosicurezza stia diventando uno dei temi più importanti per la comunità internazionale. Ricomprende anche il rischio che deriva dall’introduzione deliberata di parassiti delle piante, capaci di mettere a rischio l’economia agricola di una nazione, la qualità e la sicurezza delle produzioni, la fiducia dei consumatori e, più in generale, il benessere di un Paese”.

L’idea che i parassiti delle piante possano essere usati come armi biologiche insomma non è priva di fondamento. Ed ai programmi già in atto per monitorare questo rischio all’inizio 2011 si è aggiunta la costituzione di una rete di eccellenza, finanziata nell’ambito del VII Programma Quadro Europeo Sicurezza.

Il nuovo progetto, a cui partecipano tredici partner, appartenenti a otto Paesi (Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Ungheria, Israele, Turchia, Stati Uniti d’America) è volto alla costituzione di un Centro virtuale di eccellenza sul tema della biosicurezza in campo agro-alimentare e prende in considerazione il rischio posto dalla possibile introduzione, a fini terroristici, di patogeni vegetali e animali delle colture e di patogeni dell’uomo, utilizzati per contaminare derrate. Il progetto prevede, come per tutte le reti di eccellenza finanziate nei Programmi di ricerca europei, non solo attività di ricerca, ma anche formazione, divulgazione e comunicazione. Particolare attenzione verrà prestata alla formazione di personale altamente qualificato, in grado di operare nei servizi fitosanitari, nonché all’approfondimento di aspetti legati a tematiche nuove, quali la fitopatologia forense e la cosiddetta “dual use research”, cioè quel tipo di ricerca i cui risultati, ottenuti per pure finalità scientifiche, possono essere utilizzati per scopi anche illeciti. Il “quartier generale” di questo organismo per difenderci dall’agroterrorismo è a Torino, presso Agroinnova.

Si sta studiando anche come sradicare gli agenti patogeni e, in particolare, lo stanno facendo gli scienziati partner israeliani. C’è poi il discorso delle indagini investigative e quindi delle repressioni dei reati. Corrado Clini, direttore generale della Direzione per lo sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente, dal canto suo ha sottolineato come ci si stia attrezzando per affrontare una “strategia di sostenibilità, ovvero di prevenzione ma anche di monitoraggio, di intelligence e di repressione. L’Arma dei Carabinieri potrà dare un validissimo supporto”.

Quali le colture che possono essere contaminate? Evidentemente quelle più necessarie dal punto di vista alimentare come quelle cerealicole. Nell’ex-Unione Sovietica l’inizio del programma di guerra biologica risale al 1928 sotto la direzione dell’Armata Rossa ed ha riguardato la produzione di spore di Puccinia recondita, agente della ruggine bruna dei cereali.

“Abbiamo voluto porre in evidenza - ha detto in chiusura Nicola Motolese, presidente dei Giovani di Confagricoltura - il riflesso geopolitico che deriva dalle dinamiche economiche legate all’agricoltura e la necessità di una politica dei rapporti con i Paesi Terzi che non guardi solo alla liberalizzazione commerciale, ma anche agli aspetti politico-sociali della cooperazione tra le varie aree del pianeta; con una visione della politica internazionale che non trascuri, ma piuttosto riporti al centro delle scelte il settore agricolo anche come elemento stabilizzatore sociale; di strumenti, anche a livello globale, che aiutino a gestire l’alta volatilità dei mercati”.

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