02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)
DAL 17 MAGGIO, IN SICILIA

Al “Radicepura Garden Festival” il “Chaos (and) Order” della natura, con l’Etna in eruzione

A Giarre, alle pendici del vulcano, tra i territori del vino più importanti al mondo, i più grandi paesaggisti raccontano la biodiversità mediterranea

“Chaos (and) Order in the Garden”, ovvero come dal caos rinasce la natura e si organizzano le idee. Il giardino in questo momento storico è a cavallo tra il naturale e l’artificiale e i progetti che saranno realizzati danno spazio ai tempi lenti propri della natura, rivelando la possibilità di creare stupore e meraviglia, assecondando lo sviluppo senza rigidi canoni di progettazione, un modo per rispettare l’ambiente e gli ecosistemi sottesi che, così, riescono a coabitare. Ecco il fil rouge del “Radicepura Garden Festival” 2025, edizione n. 5 della Biennale del giardino mediterraneo al Parco Botanico Radicepura a Giarre (17-maggio-7 dicembre, con tanti eventi collaterali per tutti), un “gioiello” della Sicilia, alle pendici del vulcano Etna, che, in questi giorni, ha regalato un nuovo spettacolo con le sue eruzioni. E dove sarà possibile ammirare 10 giardini temporanei e 7 permanenti, realizzati da architetti e paesaggisti under 36 da Italia, Francia, Hong Kong, India, Islanda, Spagna e Stati Uniti, con le piante messe a disposizione da Piante Faro: il vivaio, che raccoglie 800 specie e oltre 5.000 varietà, rappresenta una delle realtà più innovative e dinamiche del territorio, grazie all’attività portata avanti da oltre 50 anni da Venerando Faro, creatore del Parco, con i figli Mario e Michele. Il Festival si conferma, infatti, un’occasione, unica nel suo genere, di pratica concreta del paesaggio mediterraneo e significative sono le numerose testimonianze che, edizione dopo edizione, paesaggisti di fama internazionale lasciano nel Parco, dando vita ad una vera e propria collezione d’autore che al momento vanta contributi dei più grandi paesaggisti, da François Abéllanet a James Basson, da Paolo Pejrone a Michael Péna, da Andy Sturgeon a Kamelia Bin Zaal e Antonio Perazzi (il direttore artistico: sue le parole che spiegano il tema 2025, ndr).
“È un’edizione importante perché conferma i 10 anni di lavoro che ci hanno portato a poter avere una qualità molto alta in termini di restituzione di progetti - ne abbiamo scelti 10 tra 1.100 iscrizioni che ci sono arrivate da oltre 60 Paesi - premiando i nostri sforzi, e facendo emergere come sempre più centrale il tema del vivere in armonia con la natura. Il Festival, infatti, si pone sempre più come laboratorio di confronto, ricerca e pratica del giardino che non rappresenta più una dimensione privata, ma collettiva se lo pensiamo come bene comune”, spiega Mario Faro, dg “Radicepura Garden Festival”, organizzato con Fondazione Radicepura, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Regione Siciliana, e che, all’inaugurazione, accoglierà Nello Musumeci, Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare, che insieme a Venerando Faro aprirà l’evento, con una conversazione con la pluripremiata paesaggista inglese Sarah Eberle, ospite speciale di questa edizione del Festival, che ha progettato “A Postcard from Sicily”, giardino che verrà raccontato insieme a Emanuela Rosa-Clot, direttrice “Gardenia”. A seguire, spazio al giovane team di progettisti che si presenteranno insieme ad Antonio Perazzi e Manlio Speciale, consulente scientifico e botanico Radicepura, ed alla presentazione della mostra “Rituals”, frutto della residenza d’artista di Francesco Lauretta, che sarà in dialogo con i critici Hili Perlson e Antonio Grulli. Il 18 maggio, le visite guidate, intervallate da un incontro dedicato alle “Nuove piante per il clima che cambia” con i paesaggisti Speciale e Daniela Romano, docente di Orticultura e Floricoltura all’Università di Catania.
In particolare a “Postcard from Sicily” è un’ode alla ricchezza della terra siciliana: “la Sicilia è culturalmente e botanicamente ricca, con una storia di diversità e resilienza. L’Etna è il cuore spirituale della costa orientale, fonte di ispirazione il cui valore va ben oltre il progetto di questo giardino. I ricchi e fertili terreni lavici e le precipitazioni permettono da secoli una varietà di piante provenienti da molti continenti. Il titolo esprime come il giardino miri a racchiudere il cuore di questo meraviglioso Paese”, spiega Sarah Eberle. Accanto al suo giardino, il Festival ospiterà i progetti di architetti e paesaggisti under 36 selezionati tramite un bando internazionale e una call che si è chiusa a gennaio 2025, selezionati dalla giuria composta da Daniela Bruno, Michele De Lucchi, Sarah Eberle, Antonio Perazzi, Silvia Arnaud Ricci, Antonio Sellerio, Mario Testino e Massimo Valsecchi.
“Echoes” dell’architetto paesaggista Claudio Bussei crea relazioni e armonie che nascono dalla complessità del rapporto tra caos e ordine, con il primo che è terreno fertile da cui prende forma il secondo, invitando i visitatori a esplorarne e ricostruirne il significato attraverso una riflessione attenta. “Patio” del team Follow Friday, composto dai fratelli architetti Marta e Fernando Gamarro, è un giardino mediterraneo tradizionale ispirato ai famosi cortili andalusi, ma con un approccio contemporaneo e sostenibile, utilizzando elementi che possono essere riutilizzati come vasi di terracotta, griglie, vegetazione e terra. “The Rambunctious Garden” del team neemaee, composto dagli architetti Parita Jani e Urvish Bhatt, è una pittura astratta ispirata al giardinaggio che offre diversi approcci immersivi alla creazione del paesaggio artistico, con piante posizionate in derive organiche o a grappoli che imitano la natura, e che si evolve spontaneamente nel corso delle stagioni, catturando l’essenza della crescita, della fioritura e della decadenza. Il “Giardino della Palma Mazari” del paesaggista Nicholas Roth è un tentativo di catturare l’interazione tra alcuni dei paesaggi selvaggi più distintivi, ma poco conosciuti, dell’Afghanistan e il regno coltivato dei suoi campi e frutteti, strutturato attorno al suggerimento di un letto di fiume asciutto, che serpeggia dolcemente prima di aprirsi a ventaglio attorno al gruppo di palme nella sua estremità inferiore. “Il Miracolo di Quasimodo” di Carlo Federico e Franco Enrico Serra, fratelli e architetti indipendenti, è invece ispirato a “Specchio”, una breve poesia di Salvatore Quasimodo in cui descrive quello che egli ritiene essere un miracolo: la rinascita della vita dai resti di ciò che sembrava morto; due giardini gemelli e contrapposti creano una tensione polare che permette allo spettatore di muoversi attraverso due stati, due atmosfere, due momenti dalla cui reciproca interazione emerge l’ambiguità dell’idea di ordine e quella di caos. In un’epoca di cambiamenti climatici e perdita della biodiversità, “Giardino di Terra” di Vincent Dumay, architetto indipendente, e Baptiste Wullschleger, architetto e progettista paesaggista, esplora soluzioni alternative per rispondere alle profonde trasformazioni in atto: attraverso un approccio manifesto e poetico, questo giardino celebra la riscoperta dei materiali naturali, immaginando un futuro più desiderabile, in cui l’umanità e la natura coesistano in armonia. Mira delle architette Monica Torrisi e Giada Straci è un giardino selvatico realizzato con piante autoctone della macchia mediterranea, che prosperano senza un intervento costante, che celebra la biodiversità e la bellezza naturale, mentre un elemento umano - una parete bianca traforata - filtra l’immagine del giardino, permettendo di focalizzare lo sguardo sui dettagli delle piante e delle loro interazioni. “Intricate Dance of Armonic Contrast” del duo Cracks of Nature, composto dagli architetti del paesaggio Koni Chan e Rose Tan, dimostra l’interazione tra caos e ordine, creando un tutto armonioso e ponendo una domanda fondamentale: cos’è il caos e cos’è l’ordine? Sfidando una comprensione convenzionale e incoraggiando una prospettiva sfumata. Infine, i due giardini fuori concorso: “Ignivomus Hortus” di Guđmundur Björnsson, studente di Architettura del Paesaggio all’Agricultural University of Iceland, è una satira dell’era moderna, in cui l’umanità sta provocando lentamente ma inesorabilmente l’aumento delle temperature globali, un paesaggio vulcanico in cui la vastità aperta del giardino evoca un senso di soggezione e in cui spazi estesi si estendono verso un orizzonte sconfinato, dove il cielo incontra la terra in un abbraccio maestoso; e “Living Fence” dello studio Mantis, composto da Asmita Raghuvanshy, Parth Patankar e Amol Nimkar, propone una vera e propria “recinzione vivente” che utilizza la tecnica di piantagione Miyawaki, che prevede una densa piantumazione di specie autoctone insieme, in cui gli alberi crescono fino a dieci volte più velocemente rispetto ai metodi tradizionali, creando rapidamente foreste autosufficienti che richiedono una manutenzione minima.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli