Il mondo del vino si ribella alla crociata, giusta nell’obiettivo ma indiscriminata nei modi, contro l’abuso di alcol, che non fa, secondo parte del mondo politico, dei produttori e dei ristoratori, il dovuto distinguo tra il vino e le altre sostanze, alcoliche e non. E a suonare la carica, a Vinitaly, è stato proprio il Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia: “solo il 2,9% degli incidenti stradali avviene in stato di ebbrezza - ha detto - no al vino come capro espiatorio per lavarsi la coscienza”. Le cause principali degli incidenti, secondo il Ministro, sono infatti “tutti gli altri fattori: la stanchezza, i troppi decibel dello stereo, parlare al telefonino guidando, fumare, i farmaci, dagli ansiolitici agli anti allergenici, tanto in uso in questo periodo”. È pertanto “necessario”, secondo il Ministro, “identificare tutti i fattori di rischio, come già avviene per i camionisti”. Il limite di 0,5 grammi/litro di sangue, aggiunge, “significa due bicchieri di vino. Ma non si è ubriachi con due bicchieri consumati a pasto”. I Grandi Cru d’Italia, associazione che riunisce i 130 migliori produttori italiani, hanno apprezzato l’intervento di Zaia: “il Ministro con queste parole ha aperto un tavolo che di fatto lo era già, il vino di qualità è per sua natura nemico dell’eccesso” ha commentato a WineNews il vice presidente dell’associazione, l’editore-vignaiolo Paolo Panerai. E sul tema rilancia anche la Fipe, per voce del presidente Lino Stoppani: “lo 0,5 è un tetto disastroso che penalizza il sistema ristorativo, dietro il vino non ci sono solo devianze, mentre l’alcolismo si combatte con iniziative formative e reprimendo solo gli aspetti devianti”.
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