Dai radicchi scoloriti che senza il freddo non riescono ad arrivare a maturazione in Veneto fino all’invasione di cormorani che si sono moltiplicati in Puglia - facendo strage di pesce negli allevamenti e in mare aperto - ma anche api sconvolte dal clima che escono troppo presto dagli alveari e piante come mimose, noccioli e limoni con fiori fuori stagione che rischiano di essere bruciati dal gelo: sono questi gli effetti del caldo anomalo in un inverno che stenta ad arrivare, dopo un 2022 che si classifica come l’anno più bollente mai registrato prima in Italia, con una temperatura media superiore di 1,15 gradi e la caduta del 30% di precipitazioni in meno, sulla media storica del periodo 1991-2020, secondo l’elaborazione Coldiretti (su dati Isac Cnr che rileva le temperature dal 1800).
Nelle campagne venete le foglie di radicchio non arrivano ad assumere la tipica colorazione e le caratteristiche per essere raccolte e messe in commercio, con perdite per almeno il 30% proprio a causa della temperatura che non si abbassa, con le piante che continuano a crescere in altezza e vanno a seme, ma non produrranno nulla. Dall’altra parte dell’Italia a preoccupare sono i cormorani che da migratori sono diventati stanziali in Puglia, dove si sono moltiplicati con il caldo anomalo, con conseguenti danni alla pesca negli allevamenti, in mare ed in laguna. Ogni cormorano mangia fino a 10 chilogrammi di pesce al mese, oltre 300 grammi al giorno, lasciando pesci feriti nell’attività predatoria e con il rischio della diffusione di malattie e parassiti. É ormai una vera e propria emergenza alla luce dei danni provocati all’attività dell’itticoltura e alla vita stessa dei pesci nei mari. L’attività predatoria dei cormorani sottopone a forte stress la vita marina, poiché è talmente intensa da non permettere la crescita, lo sviluppo e la riproduzione delle specie di cui si nutrono.
In realtà la natura è in tilt per il caldo anomalo lungo tutta la penisola, con le mimose già fiorite con mesi di anticipo rispetto alla Festa della Donna dell’8 marzo, ma tutte le coltivazioni a partire dalla frutta sono ingannate dal clima e si stanno predisponendo alla ripresa vegetativa, con produzioni a rischio con il probabile arrivo del freddo e del maltempo. A preoccupare è la concreta possibilità che nelle prossime settimane le repentine ondate di gelo notturno brucino fiori e gemme di piante e alberi, con pesanti effetti sui prossimi raccolti futuri. Ma in difficoltà sono anche le api: disorientate dalle alte temperature si risvegliano ed escono dagli alveari con il pericolo concreto di venire decimate dall’arrivo del freddo.
Si accentua, dunque, sottolinea la Coldiretti, la tendenza al surriscaldamento in Italia, dove la classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine dopo il 2022 il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. Il cambiamento climatico è stato accompagnato da una evidente tendenza alla tropicalizzazione, che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici, con i danni provocati dalla siccità e dal maltempo che hanno già superato quest’anno i 6 miliardi di euro.
Focus - Il clima cambia anche la geografia agricola: l’ulivo migra a Nord, boom di frutti tropicali al Sud
I cambiamenti climatici di lungo periodo ed il caldo anomalo di queste settimane, non stanno sconvolgendo solo le tempistiche dell’agricoltura, ma stanno modificando anche la geografia che si è cristallizzata in tempi più o meno recenti in un Paese ricco di microclimi e biodiversità come l’Italia. E così, per effetto dei cambiamenti climatici, la coltivazione dell’ulivo in Italia è arrivata a ridosso delle Alpi, nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee, e se i vigneti sono arrivati addirittura sulle vette (ma si spostano sempre più dalla pianura alla collina, ndr), al sud è boom per le coltivazioni tropicali, dall’avocado al mango fino alle banane. Emerge dall’analisi Coldiretti sui dati del Rapporto Copernicus che evidenzia come il 2022 sia stato il secondo anno più caldo mai registrato in Europa e addirittura il più rovente di sempre in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna e Irlanda. Il risultato è un profondo cambiamento sul paesaggio, sulla distribuzione e stagionalità delle coltivazioni e sulle stesse caratteristiche dei prodotti più tipici del made in Italy.
“Si è verificato nel tempo - precisa la Coldiretti - un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato alle Alpi. È infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano. Negli ultimi dieci anni - spiega Coldiretti - la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a diecimila piante, su quasi 30.000 metri quadrati di terreno”.
“Il vino italiano - continua ancor la Coldiretti - è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma si è verificato nel tempo un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale mese di settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti. Il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1.200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle (Aosta), dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop (anche se, come spiega il Consorzio Vini Valle d’Aosta, la presenza della vite nella Regione è testimoniata fin dall’Età del Bronzo, ndr).
Con la tropicalizzazione del clima in Italia è cresciuta la presenza di frutta esotica con le coltivazioni di banane, avocado, mango & c. che nel giro di cinque anni sono praticamente triplicate arrivando a sfiorare i 1.200 ettari fra Puglia, Sicilia e Calabria, secondo le stime della Coldiretti. A far la parte del leone è proprio la Sicilia con coltivazioni ad avocado e mango di diverse varietà nelle campagne tra Messina, l’Etna e Acireale, ma anche a frutto della passione, zapote nero (simile al cachi, di origine messicana), sapodilla (dal quale si ottiene anche lattice), litchi, il piccolo frutto cinese che ricorda l’uva moscato. Ma anche in Puglia i tropicali sono ormai una realtà consolidata, spinta dagli effetti della siccità con una impennata delle coltivazioni di avocado, mango e bacche di Goji Made in Puglia insieme a tante altre produzioni esotiche come le bacche di aronia, le banane e il lime. “Tropicali italiani - precisa la Coldiretti - anche in Calabria, dove alle coltivazioni di mango, avocado e frutto della passione si aggiungono melanzana thay (variante thailandese della nostra melanzana), macadamia (frutta secca a metà tra mandorla e nocciola) e addirittura la canna da zucchero, mentre l’annona, altro frutto tipico dei paesi del Sudamerica è ormai diffuso lungo le coste tanto da essere usato anche per produrre marmellata”.
“L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli” afferma il presidente Coldiretti Ettore Prandini, nel sottolineare che “i cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”.
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