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BIODIVERSITÀ

Allarme rosso per le anguille, gli chef le tolgono dai menu, ma ne sono già scomparse il 95%

A lanciarlo la Ong Ethic Ocean, e il World Culinary Council di Relais e Châteaux bandisce l’animale dalle sue cucine. L’appello ai ristoratori
ANGUILLE, PESCA, RISCHIO ESTINZIONE, RISTORAZIONE, Non Solo Vino
Allarme rosso per le anguille, a severo rischio d’estinzione

Fino agli anni Settanta, l’anguilla era estremamente abbondante nei corsi d’acqua, fiumi e laghi d’Europa. Era molto comune negli estuari ed i fiumi che scorrono lungo tutta la costa occidentale, a Sud ed anche nel Belpaese, dove, il suo regno, è il Delta del Po. Accusata ingiustamente di essere la responsabile della scarsità di pesci più “nobili” come trote e salmoni, venne classificata come nociva per l’ecosistema, fino al 1984, e questo portò alla nascita di numerose tradizioni culinarie, sia nelle regioni costiere che in quelle continentali, per diminuirne l’abbondanza. Tanto che, in quegli anni, dal Mar dei Sargassi, nell’Oceano Atlantico, dove pare che tutte nascano, arrivavano in Europa 100 giovani anguille, nel 2021 si contavano appena 5,5 arrivi. E, in Europa del Nord, nello specifico, il raffronto si fa ancora più impietoso: gli arrivi attuali, rispetto allo stesso periodo, scendono allo 0,5%. La diminuzione della popolazione di questo animale, quindi, è sostanziale e, secondo il Ciem (Consiglio Internazionale per l’Esplorazione del Mare), oggi, paradossalmente, si rischia di compromettere il futuro della specie. Non ci sono più abbastanza esemplari adulti, difatti, per garantire un’adeguata riproduzione e, di conseguenza, nuove generazioni.
Il risultato è che il 95% delle anguille è già scomparso e sono nella lista rossa dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), mentre la Ong Ethic Ocean ha lanciato l’allarme e, da dicembre 2023, il World Culinary Council by Relais & Châteaux ha addirittura chiesto agli chef dei ristoranti di lusso nelle sue strutture di tutto il mondo di bandire l’animale dai menù.
Tra le cause c’è la pesca, che è la meno sostenibile in Europa: per il complesso ciclo biologico dell’anguilla, è esclusivamente mirata agli stadi giovanili o pre-adulti, che quindi non si sono ancora riprodotti. A gravare sulla già precaria situazione dell’anguilla, però, c’è anche un florido commercio illecito. L’uomo, nonostante la scarsità di anguille, cerca cinicamente di mantenere le proprie abitudini di consumo al solo fine di perpetuare le tradizioni culinarie, allo stesso modo di come si faceva quando l’anguilla abbondava. Questo appetito, però ci sta portando a “divorare la specie” dice Ethic Ocean.
Dal punto di vista delle autorità, un Piano gestionale prevede in Italia la chiusura della pesca di anguilla in molte regioni, ma per Federparchi resta in “pericolo critico” perché non è possibile ancora riprodurla in cattività. Italia dove, secondo gli ultimi dati relativi al 2021, se ne catturano 50 tonnellate tra anguilla gialla e argentina destinate alla vendita, ed è in vigore il divieto di pesca da gennaio a giugno. Nel 2023 la situazione si è aggravata, tanto che alcune regioni hanno posto il fermo per tutto l’anno. Ma c’è anche il progetto europeo Lifeel di conservazione dell’anguilla europea attivo, fino a fine 2024, in Italia, e in particolare nel bacino del fiume Po e nel suo Delta, proprio per cercare di arrivare alla riproduzione in cattività, con le Università di Bologna, Tokio e Amsterdam.

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