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ALTRO CHE ESPIANTO! LA VITE COME PIANTA BOSCHIVA, CON CONTRIBUTI PER IL SUO MANTENIMENTO NON A FINI PRODUTTIVI, MA DI CONSERVAZIONE DELL’AMBIENTE. L’IDEA DI DARIO CARTABELLOTTA, DIRETTORE DELL’ISTITUTO DELLA VITE E DEL VINO DELLA SICILIA

C’era una volta la Sicilia dei vini da taglio, e di quelli destinati alla distillazione. Poi negli ultimi 2-3 decenni, l’enologia isolana ha virato decisa verso la qualità, con risultati importantissimi. Ma se è cresciuto, e tanto, il settore dell’“imbottigliato”, lo “sfuso”, ancora presente in gran quantità, è il vero problema di tanti produttori siciliani, in particolar modo delle cantine sociali, soprattutto dopo che l’Europa, nella nuova Ocm, ha eliminato la distillazione di crisi, e ha messo in campo contributi per l’espianto dei vigneti. Ma ammesso che sia economicamente “remunerativo”, in termini ambientali, togliere tanta vigna cosa significherebbe?
“Sicuramente i vigneti, piantati tantissimi anni fa per produrre vino sfuso e da taglio, o nella stagione dei contributi, per la distillazione, oggi hanno perso la loro valenza produttiva” - spiega a WineNews Dario Cartabellotta, direttore dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino, che ha in mente un’idea semplice, ma potenzialmente geniale: considerare la vite come pianta boschiva, ai soli fini di conservazione dell’ambiente, per cui l’Europa eroga contributi.
“Oggi in Sicilia - spiega Cartabellotta - abbiamo 120.000 ettari vitati, 30-40.000 sono quelli che hanno fatto parte del rinnovamento varietale e della crescita enologica della Sicilia. Ma resta tutta una grande superficie, che ha sicuramente una funzione ambientale. Se partiamo dal presupposto che oggi l’Ue eroga dei contributi, circa 20.000 euro per ogni ettaro, per impiantare superfici alberate e boschi , che, però, per crescere e abbattere l’anidride carbonica impiegheranno 15-20 anni, e che invece oggi tutti questi vigneti sono già in grado di farlo, anche se non hanno più una valenza produttiva, possono servire a raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto e a contrastare il dissesto idrogeologico. Può essere una formula per garantire la salvaguardia di questo paesaggio vitivinicolo, ed evitare che vada estirpato, perché avrebbe gravi conseguenze dal punto di vista ambientale”.
Quindi anche un passaggio di visione, da un’agricoltura, in questo caso vitivinicoltura, che produce, a una che può anche servire “soltanto” alla conservazione dell’ambiente?
“Si, e poi bisogna considerare che la vite, pianta mediterranea per eccellenza come l’olivo e e gli agrumi, non riguarda solo la Sicilia, ma tutto il Mezzogiorno e buona parte della Penisola, e quindi questa valenza ambientale che può essere data alla vite è sicuramente utile alla salvaguardia di una caratteristica forte del paesaggio. Quindi non vedo perché dare status di “boschiva” solo ad alcune piante, e non ad altre che hanno una grande potenzialità di fissazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Certo, viene un po’ difficile, oggi, guardare ai vigneti come a un bosco - dice Cartabellotta - ma se pensiamo che l’obiettivo del protocollo di Kyoto è individuare piante che contrastino la Co2 nell’atmosfera, è più semplice. E abbiamo anche dei dati scientifici che mettono in evidenza la maggiore efficienza della vite in questo senso, anche rispetto ad altre piante boschive autorizzate ad altre latitudini”.
Serve però un’iniziativa decisa nelle sedi istituzionali per raggiungere questo obiettivo...
“Coinvolgeremo le altre Regioni, i Ministeri, ma soprattutto l’Unione Europea, anche perché siamo in una fase in cui si discute dell’Europa che verrà e della Pac dopo il 2010, e possiamo cercare di riorientare strumenti “vecchi” nell’ottica della riqualificazione dell’ambiente.

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