Amatissima quanto (mal) imitata, tra successi e tante criticità da risolvere, a partire proprio da falsi e Italian sounding, la cucina italiana nel mondo, come lo è in patria, è un patrimonio del Belpaese anche oltreconfine, portabandiera del made in Italy e della cultura italiana. Ecco perché, dal Forum della Cucina Italiana nel Mondo n. 6, in corso in Casentino (Arezzo) fino al 20 giugno, parte il movimento per il riconoscimento della “Cucina Italiana nel Mondo come Patrimonio immateriale dell’Umanità” (compresa l’enogastronomia italiana fuori dall’Italia), sostenuto da cuochi e ristoratori italiani provenienti da oltre 75 nazioni, riuniti con i rappresentanti delle istituzioni e delle Associazioni cuochi italiane, e che condurra l’Associazione Icw-Italian Cuisine in the World a diventare Icwf-Fondazione per la Cucina Italiana nel Mondo, contenitore necessario per avanzare la richiesta all’Unesco (www.italiancuisine.world; seguirà un post forum anche nelle Marche che lancerà ufficialmente le iniziative a sostegno del riconoscimento). La richiesta all’Unesco - la stessa per la quale è in lizza “L’arte dei pizzaiuoli napoletani”, nel solco del primo ed importante riconoscimento alla Dieta Mediterranea - punta a tutelare milioni di consumatori di cucina italiana nel mondo, a qualunque latitudine, che quando pagano per cibo presentato come italiano hanno diritto a qualcosa che rispetti le tradizioni, la salute, i territori, le radici e i valori della cultura enogastronomica italiana. Per questo l’Associazione punta a creare anche un Osservatorio Permanente dell’Enogastronomia italiana nel mondo, candidandosi come casa degli eventi di promozione (accanto all’Idic-International Day of Italian Cuisines all’edizione n. 10, l’Italian Cuisine World Summit all’edizion n. 9 e lo stesso Forum).
Un lungo viaggio, dunque, che affonda le radici nella storia dell’emigrazione italiana, un percorso che, quasi vent’anni fa, diviene consapevolezza grazie alla lungimiranza di pochi professionisti della ristorazione, che, in breve tempo, divengono migliaia, al tempo stesso attori e testimoni di una trasformazione “che oggi permette di ambire all’inizio di una nuova era per la cucina italiana nel mondo”.
“Seguire e far conoscere la storia e le rotte contemporanee della cucina italiana nel mondo non è importante solo per l’Italia. Lo è anche per moltissimi altri Paesi nei quali la cucina italiana è stata parte della loro storia ed economia”, dice Rosario Scarpato, direttore del Forum e iniziatore quasi 20 anni fa, con lo chef Mario Caramella, del network di cuochi, ristoratori e culinary professional Itchefs-Gvci (www.itchefs-gvci.com).
Negli ultimi anni l’Unesco privilegia nuove proposte che escono dalla visione convenzionale e siano rivolte ai metodi e saperi tradizionali, alla produzione e al know how delle popolazioni. “La definizione si applica pienamente alla cucina italiana nel mondo come tradizione mantenuta viva dall’insieme dal movimento di cuochi, ristoratori, educatori e promotori enogastronomici, i quali finalmente riceverebbero il giusto riconoscimento” sostiene Pietro Laureano, esperto Unesco e presidente di Icomos-International Council on Monuments and Sites Italia.
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