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Anche dall’Expo, la Cia torna a chiedere al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Dario Franceschini “di affidare alle imprese agricole la tutela del patrimonio monumentale rurale e di fare degli agricoltori i “custodi” dei beni culturali”

Affidare la tutela del patrimonio storico-archeologico alle aziende agricole. Ancora una volta è questo il (rinnovato) messaggio che la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori lancia anche dall’Expo 2015 a Milano. Una proposta, quella dell’agricoltore “custode” anche del patrimonio storico-archeologico (ruolo che, peraltro, in molti già rivestono, mantenendo siti di interesse che si trovano nei loro territori), che la Cia ha già avanzato al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Dario Franceschini e che oggi viene rilanciata in Expo proprio per affermare la centralità agricola come costituente della nostra civiltà, in una visione di multifunzionalità e di incremento di reddito per le imprese agricole. Basti pensare che sono 130 i paesaggi rurali artistici censiti, che su 51 siti Unesco (l’Italia ha il record mondiale) ben la metà sono in ambito rurale e che il 40% del patrimonio monumentale e il 60% di quello archeologico si trovano in contesti non urbani.
“Da anni portiamo avanti una battaglia per riconoscere all’agricoltore il ruolo di custode. Le sfide del futuro per l’Italia sono la difesa del paesaggio, dell’ambiente e del patrimonio storico-culturale e gli agricoltori hanno pieno titolo per svolgere questo ruolo di custodi attivi - spiega il presidente Dino Scanavino - basti solo pensare alla valenza artistica del paesaggio rurale o alle misure che anche l’Europa ha recepito nei Psr per inserire la tutela di questi ambienti antropizzati tra i valori dell’attività agricola. Su questo, come Cia, chiamiamo i cittadini ad un’alleanza”. All’Expo, oggi, con la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, si è parlato di “Biodiversità tra cultura e saperi, patrimonio degli agricoltori e dei consumatori”: biodiversità intesa anche, spiega la Cia, come articolazione del paesaggio rurale. Il tema è di fortissima attualità, perché giova ricordare che “l’Italia ha un oggettivo gap tra dotazione patrimoniale e capacità di conservazione, gestione e promozione del suo patrimonio. Per questo gli agricoltori possono diventare le “sentinelle del bello”, ma anche i promotori dei valori territoriali”. Ma l’occasione è stata la tavola rotonda ad hoc “Coltiviamo l’arte: l’agricoltura per la gestione del patrimonio archeologico e artistico nel territorio”, con, tra gli altri, Onofrio Cutaia, direttore generale Turismo del Ministero dei Beni e delle Attività culturali ed alcuni agricoltori che già ospitano nei loro terreni siti di grande interesse storico, culturale, paesaggistico che “mantengono” e valorizzano.
“Gli agricoltori tornano a candidarsi a custodi del patrimonio di beni archeologici e culturali disseminati sul territorio nazionale - rimarca la vice presidente Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, Cinzia Pagni - molti dei quali oggi in stato di abbandono. La nostra non è solo un’idea, ma un progetto avanzato alle istituzioni assieme a Turismo Verde”. Perché “tra le attività connesse proprie dell’impresa agricola multifunzionale, individuiamo la possibilità di gestire centinaia di beni archeologici e culturali anche al di fuori della disponibilità dei terreni aziendali. Questo attraverso una specifica convenzione con il ministero dei Beni culturali. Siamo da sempre sensibili alla salvaguardia delle risorse ambientali e culturali, oltre a un uso sostenibile del suolo - conclude Pagni - la Cia intravede all’orizzonte grandi spazi di fattibilità, con vantaggi sostanziali sia in termini culturali che pratici ed economici, con siti riportati alla luce nel loro splendore, manutenuti adeguatamente, che genererebbero nuovo turismo, quindi indotto, economie e posti di lavoro”.

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