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AGRICOLTURA E GENETICA

Anche le piante ottenute da “mutagenesi” sono Ogm: la sentenza della Corte di Giustizia Ue

Diviso il mondo agricolo italiano: sorpresa per Confagricoltura, positivo il commento di Coldiretti, esulta Slow Food
AGRICOLTURA, OGM, Non Solo Vino
Anche le piante ottenute da “mutagenesi” sono Ogm: la sentenza della Corte di Giustizia Ue

Anche gli organismi vegetali ottenuti attraverso mutagenesi sono da considerare Ogm, e come tali vanno regolamentati e trattati. È, in estrema sintesi, quanto stabilito oggi dalla Corte di Giustizia dell’Ue. Una sentenza che, ovviamente, ha spaccato il fronte agricolo italiano, già diviso sul tema dell’utilizzo della genetica in agricoltura.
“Siamo profondamente sorpresi per l’odierna sentenza della Corte di Giustizia dell’UE che, ribaltando il parere depositato a gennaio dall’avvocatura generale, ha stabilito come in linea di principio gli organismi ottenuti mediante nuove tecniche di mutagenesi siano Ogm. E in quanto tali soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva comunitaria in materia - commenta Confagricoltura - si tratta di una tecnica innovativa in continua evoluzione dalla cui applicazione, utilizzata anche dai ricercatori italiani, possono derivare risultati positivi per la salvaguardia delle nostre produzioni”.
Queste nuove biotecnologie, a parere di Confagricoltura, possono, infatti, contribuire alla riduzione degli sprechi alimentari, a garantire una produzione alimentare sostenibile, a tutelare le nostre produzioni tipiche, oggi minacciate da malattie di difficile controllo, in continua evoluzione, e dai cambiamenti climatici. “La sentenza della Corte - prosegue l’organizzazione delle imprese agricole - tracciando di fatto una distinzione netta tra tecniche tradizionali ed innovative che penalizza queste ultime, non considera come Ogm gli organismi ottenuti da mutagenesi attraverso tecniche utilizzate convenzionalmente e con una lunga tradizione di sicurezza. Viene affidata però agli Stati Membri la facoltà di includerli ugualmente tra gli Ogm; aprendo così la strada verso possibili disparità tra Paesi membri. È una sentenza che richiede una riflessione politica attenta, che magari porti ad un ripensamento complessivo della direttiva n. 2001/18 del Parlamento europeo e del Consiglio”.
“Esprimiamo profondo rammarico per l’odierna sentenza con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che gli organismi ottenuti mediante mutagenesi costituiscono Ogm, poiché modificano il materiale genetico secondo modalità che non si realizzano naturalmente, e in quanto tali sono soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva comunitaria in materia - fa sapere Copagri - speravamo in una sentenza del tenore opposto, dal momento che la tecnica della selezione vegetale della mutagenesi, al contrario di altre quali la transgenesi, è un procedimento che consente di modificare il genoma di una determinata specie senza ricorrere a corredi genetici “estranei”. Continuare a parlare di Ogm, invece, significa concentrare l’attenzione su una tecnologia sempre più datata, sottovalutando le nuove frontiere della ricerca, fondamentali per un’agricoltura più sostenibile dal punto di vista ambientale e della sicurezza alimentare”.
Positivo, invece, il commento della Coldiretti: “lo studio e l’impiego di ogni nuova tecnologia che aiuta ad esaltare la distintività del nostro modello agroalimentare, il made in Italy e i suoi primati di biodiversità, possono essere approfonditi e valutati solo nel rispetto del principio di precauzione, della sostenibilità ambientale, del libero accesso al mercato, della reversibilità e della necessità di fornire una risposta alle attese dei consumatori, sottolinea l’organizzazione agricola, che ribadisce come la sentenza stabilisca “che gli organismi ottenuti tramite tecniche di mutagenesi, che sono comprese nel più ampio mondo delle nuove tecniche di selezione vegetale (NBTs), rientrano, in linea di principio, nell’ambito di applicazione della direttiva sugli Ogm e sono soggetti agli obblighi previsti da quest'ultima. Anche le nuove tecniche dunque - sottolinea la Coldiretti - non possono essere esonerate da un esame approfondito dei rischi ai fini dell’emissione deliberata nell’ambiente e dell’immissione in commercio in quanto simili a quelle della transgenesi, dato che consentono di ottenere varietà ad un ritmo ed in quantità non paragonabili a quelle risultanti dall’applicazione di metodi tradizionali, ed occorre evitare gli effetti negativi sulla salute umana e l’ambiente e violare il principio di precauzione”.
Ad oggi, ricorda Coldiretti, sono rimasti solo due Paesi a coltivare i vecchi organismi geneticamente modificati nell’Unione Europea, dove si registra anche nel 2017 un ulteriore calo della superficie coltivata del 4%. Secondo le elaborazioni Coldiretti sulla base dell’ultimo rapporto Isaaa (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Application), in Europa sono stati seminati a biotech appena 131.535 ettari rispetto ai 136.363 dell’anno precedente. Nel 2017 infatti le colture Ogm sopravvivono nell’Unione Europea solo in Spagna (124.227 ettari) e Portogallo (7.308) dove tuttavia si registra una riduzione delle semine del mais MON810, l’unico coltivato.
“Quella di oggi è una sentenza storica - esulta invece Slow Food - sulla quale però dobbiamo vigilare a livello nazionale affinché anche in Italia ci sia un allineamento tra Nbt e Ogm e non si creino scappatoie dovute a interpretazioni discutibili. Tuttavia, se non fossero state equiparate agli Ogm sarebbe stato devastante per la trasparenza nei confronti dei cittadini e l’agricoltura di piccola scala rispettosa dell’ambiente e della biodiversità. Nel momento in cui usciamo dai campi per andare in laboratorio, dando vita a nuovi vegetali diffusi indipendentemente dalla vocazione del territorio in cui tradizionalmente sono coltivati, togliamo ai contadini il loro ruolo tradizionale, entrando in un ambito che non garantisce sicurezza. C’è anche un altro aspetto: un conto è affidarsi alla ricerca pubblica che opera nell’interesse di tutti i cittadini e non produce brevetti e un altro è ragionare a partire dall’operato di multinazionali che investono il loro budget e intervengono nel dibattito pubblico per il loro tornaconto economico. La sentenza lancia un chiaro segnale politico che fa ben sperare non solo per le sorti dell’agricoltura contadina rispettosa della biodiversità in Europa ma in tutto il mondo”.

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