“È ormai consuetudine equiparare il vino a superalcolici ed aperitivi unicamente a causa della componente alcolica che hanno in comune. Si tratta di un abuso che dura da troppo tempo. Esistono infatti tre tipologie di alcol. Alcol di fermentazione, immutato da 10.000 anni, da quando il vino è nato, prodotto dai lieviti che si depositano sugli acini d’uva, agenti della fermentazione alcolica, ed è frutto di un processo che è il più naturale, il più bio in assoluto. L’alcol così prodotto è il costituente principale nonché primordiale del vino e si accompagna ad un 3% di altri componenti, il resto è acqua. Alcol di distillazione , prodotto dall’arricchimento di alcol a mezzo dell’impianto di distillazione. È frutto della volontà del produttore di realizzare una gradazione alcolica più elevata e far così rientrare la bevanda nella categoria dei superalcolici: durante la distillazione viene persa buona parte degli altri componenti del vino. Alcol di addizione, è quello intenzionalmente aggiunto per la produzione di aperitivi e similari attingendo dall’alcol puro di distillazione, privato totalmente dei componenti del vino, in percentuale idonea e in mescolanza ad acqua, materia colorante, aromatizzanti. Ancorché la molecola sia la stessa, sono la natura e la funzione dell’alcol presenti nel vino, superalcolici ed aperitivi a renderli profondamente diversi. Non si tratta di stabilire gerarchie o fomentare la competizione tra diversi prodotti, ma solo di offrire il massimo di chiarezza ai fruitori”. È l’intervento di Angelo Gaja, l’“artigiano” del vino italiano per eccellenza, uno dei produttori italiani più ammirati, per fare chiarezza su un nodo cruciale per la cultura italiana che esportiamo nel mondo, e che fa dell’Italia un modello del “buon vivere”, ovvero la tradizione della tavola, legata alla Dieta Mediterranea - considerata la migliore al mondo - della quale fa parte anche il vino che, consumato ai pasti e con moderazione, non è solo un compagno perfetto per il cibo, ma anche un “medium” della convivialità e della socialità, e per raccontare i nostri territori, per i legami che ha con la loro storia, la loro natura e con le loro comunità, ma che, oggi, deve farei conti con le nuove norme salutistiche e restrittive sulla comunicazione ed il consumo di alcol che sempre più Governi di diversi Paesi vogliono mettere in atto nelle politiche per la salute pubblica (e con le proposte della Commissione Ue per la revisione del Beca-Beating Cancer Plan, mentre in Italia si registra un calo dei consumi dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice della Strada).
“Far credere che il consumo di vini, spiriti o aperitivi sia analogo o anche solo simile - ribadisce Angelo Gaja - è fuorviante e scorretto proprio per le finalità e diverse modalità di assunzione. Con la demonizzazione in atto dell’alcol la confusione diviene per il vino fortemente penalizzante. Va chiesto a produttori, comunicatori, fruitori di battersi affinché l’immagine del vino venga separata e percepita in modo diverso da quella di superalcolici, aperitivi e similari: e che a portare avanti il progetto siano le associazioni di produttori che nel loro nome includono la parola vino”.
“Nessun’altra bevanda prodotta in Occidente ha lo spessore culturale del vino: che affonda le radici nell’umanità, storia, cultura, paesaggio, tradizione, religione”, conclude Angelo Gaja, ricordando come “già Noè, nella Genesi, cessato il diluvio e sceso dall’arca, piantò per prima la vite perché si potesse godere del vino come alimento e per festeggiare in compagnia”.
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