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ASSOENOLOGI: ANCORA TANTA DIFFIDENZA SUL VINO BIOLOGICO

Dal recente congresso degli enologi italiani (chiuso ieri a Milano), il vino biologico è uscito un po’ con le ossa rotte. Innanzitutto, è stata confermata la scorrettezza di definirlo vino biologico: in realtà, si tratta di vino prodotto con metodi di viticoltura biologica. Non è una differenza da poco se si considera che tuttora, infatti, la legislazione europea non prevede nessuna norma per quanto concerne la fase di cantina. Ed, in ambito comunitario, ha sottolineato Alberto Sabellico, che ha letto la relazione di Maurizio Chiappone, direttore dell’Unità Vino dell’Unione Europea, “non c’è nessuna volontà di inserire nella normativo sul vino biologico anche la parte della trasformazione”. Secondo quasi tutti i relatori, infatti, non c’è nulla di più biologico del vino e che dia così ampie garanzie sul piano igienico sanitario (cosa vi è di più biologico della fermentazione ?). “Se si mette nell’etichetta che si tratta di vino biologico - è stato sottolineato - si rischia di confondere i consumatori facendogli credere che è più sicuro rispetto al vino ottenuto con metodi tradizionale”.

Oggi, comunque, in Italia le superfici a vigneto biologico sono in continua crescita: si è passati, infatti, dai 12.700 ettari del ’97 ai 29.000 ettari del ’99. Un aumento consistente nonostante la difficoltà di fare viticoltura biologico. “Nel panorama dell’agricoltura biologica - ha detto il direttore dell’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano Veneto, Antonio Calò - sicuramente la viticoltura è quella più difficile, soprattutto nelle regioni del Nord, dove l’alta piovosità influenza notevolmente lo sviluppo di fitopatologie, come la peronospora o la botrite”. Per alcuni, in alcune aree, è addirittura impossibile fare viticoltura biologica.

Il più diffidente su questo versante è risultato il neo presidente dell’Unione Italiana Vini, Ezio Rivella, che si è detto generalmente scettico sull’agricoltura biologica e in particolare nella viticoltura. Rivella ha presentato, a supporto delle sue perplessità, i risultati di analisi di 10 campioni di vino biologico che sarebbero risultati fuori norma su numerosi parametri con il contenuto di solforosa o il grado alcolico. Rivella ha trovato un ottimo alleato in Mario Consorte, presidente dell’Associazione Enologi Enotecnici italiani, che, in chiusura di congresso, ha affermato che in Sardegna, nella regione in cui vive e lavora, la maggior parte di viticoltori biologici prima di dedicarsi ad essa “li avrebbe definiti viticoltori trascurati”. Consorte ha inoltre avanzato il sospetto che l’Unione Europea voglia incentivare le produzioni biologiche anche per risolvere l’annoso problema delle eccedenze produttive. Tra le altre obiezioni, non poteva poi mancare anche quella dei controlli: ma chi controlla i controllori ?

In difesa della viticoltura biologica, si è invece schierato Orazio Franchi, direttore tecnico delle Cantine Bosco del Merlo della Paladin & Paladin, una delle più grandi aziende viticole biologiche in Italia (oltre 100 ettari di vigneto biologico). Secondo Franchi, i progressi fatti dalla viticoltura biologica sono molti e oggi produrre con metodo biologico in viticoltura significa aumenti di costi di produzione di circa il 18-20% soprattutto a causa dell’aumento della manodopera per il diserbo manuale, potature più accurate ... Costi di produzione più alti - ha detto Franchi - compensati solo parzialmente dagli aiuti comunitari”.
Furio Pelliccia

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