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Avvenire

Il vino? Ottimo e abbondante. Ma il mercato non brilla più … C’è troppo vino nelle cantine italiane. Troppo vino e molte questioni da affrontare. E non basta, perché i produttori sono in ansia a guardar le prime previsioni sulla vendemmia 2025. In ballo miliardi di euro di giro d'affari. Ecco perché c'era anche Giorgia Meloni seduta all'ultimo “Tavolo vino” che, a inizio agosto, si è tenuto a Palazzo Chigi. Vendemmia, dunque. Le operazioni sono già iniziate in Sicilia e Toscana. Tutti hanno già capito come potrebbero andare le cose. Certo, dipenderà dall’andamento climatico di queste settimane, ma ci si aspetta una vendemmia positiva dal punto di vista quantitativo e molto positiva (anche ottima) da quello qualitativo. Coldiretti ha già precisato: “Il caldo ha fatto da motore: nonostante siccità e maltempo, la qualità delle uve è tra il buono e l’ottimo. Si stima una produzione di 45 milioni di ettolitri”. Dall’ambiente dei vitivinicoltori, tuttavia, trapela un timore: la raccolta potrebbe avvicinarsi pericolosamente ai 50 milioni di ettolitri. A ben vedere è tutto collegato. Il mercato del vino non brilla e le condizioni internazionali non aiutano. La forte produzione, nonostante le avversità climatiche, rischia di intasare le cantine. Lo ha detto bene qualche settimana fa il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi: “Visto il calo dei consumi a livello globale, serve stringere le maglie produttive. Non possiamo più permetterci di inondare “Cantina Italia” con vendemmie da 50 milioni di ettolitri, che rappresentano la media produttiva degli ultimi 25 anni”. Detto in altro modo, una vendemmia ancora una volta abbondante significherebbe avere a ottobre qualcosa come 90 milioni di ettolitri: quasi due vendemmie, davvero troppo. Se a tutto questo si aggiunge l’effetto dei dazi Usa, è evidente come i produttori non possano essere tranquilli. A dare il senso della situazione è Alessandro Regoli, da circa 40 anni osservatore del comparto e da 25 direttore di Winenews (uno dei siti di riferimento del settore): “Le preoccupazioni non mancano. È fondamentale governare il limite produttivo per mantenere in equilibrio il mercato, soprattutto sul fronte della remuneratività dei vini e delle uve”. In gioco, è bene ricordarlo, non è solo il buon bere italiano, ma un comparto che vale oltre 14 miliardi di euro, circa 241mila aziende, 675mila ettari, esportazioni per 8,1 miliardi (di cui 1,9 solo negli Usa) e lavoro per 1,3 milioni di persone tra agricoltori, enologi, cantinieri, venditori, comunicatori. Ecco perché il “Tavolo vino” di Palazzo Chigi è stato un passaggio importante colto da Giorgia Meloni. Il Governo, è stato sottolineato, “intende continuare a sostenere in maniera concreta un settore fondamentale per l’economia italiana”. Da qui l’uso di parte del miliardo di euro del pacchetto Coltivaltalia “per rafforzare l’autonomia produttiva dell’agricoltura italiana”. Poi, la promessa: “Siamo determinati a difendere le nostre eccellenze a fianco dei produttori”. Dichiarazioni che sono state accolte con favore da pressoché tutti i rappresentanti della filiera seppur con accenti diversi e con varie richieste specifiche: il sostegno alla distillazione straordinaria, più fondi per l’internazionalizzazione, una moratoria sui finanziamenti, sgravi fiscali per gli investimenti, sostegno all’enoturismo, maggiore informazione ed educazione alimentare, misure generalizzate per il rilancio della domanda. Tutti comunque concordano sulla complessità della situazione. “Siamo di fronte a un momento spartiacque per il futuro del vino italiano e servono misure straordinarie”, dice Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. “Occorre una strategia ampia e duratura, capace di riequilibrare domanda e offerta e di rafforzare il ruolo degli attori della filiera”, commenta invece Christian Marchesini a capo della Federazione Vino di Confagricoltura. Mentre Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani, sottolinea come adesso “il comparto sia sotto scacco per la minaccia dei dazi Usa ma anche per il cambiamento nelle modalità dei consumi”. Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, aggiunge: “Il settore finora ha fatto da traino alle esportazioni e all’economia italiana, ma adesso si trova ad affrontare problemi sia strutturali sia contingenti”. Tutto senza dire della questione dei dazi. Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv, con dazi al 15% anche sul vino, il danno stimato per l'intero comparto è di circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi. Da qui la richiesta: il vino inserito nella lista dei prodotti europei a tariffa zero o a dazio ridotto. I produttori non usano mezzi termini: i campioni dell’export sono in ostaggio tra l’Europa e gli Usa.

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