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“Bene la legge contro il caporalato, ma non ci sia clima da caccia alla streghe”: così la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, a Roma, con i Ministri di Giustizia e Lavoro Orlando e Poletti. Inps: “dal 2011 in calo infortuni e morti su lavoro”

Il fenomeno del caporalato e del lavoro nero è un’odiosa pratica ancora presente nel nostro Paese. C’è, però, intorno al tema, un difetto di comunicazione, la sua proporzione reale negli ambiti in cui viene esercitato. Nell’immaginario collettivo, infatti, il caporalato viene collegato sempre all’agricoltura ma - dati alla mano - questo non risponde al vero. A fronte di un numero ridotto di denunce per irregolarità, sono oltre un milione le aziende agricole che operano nella totale trasparenza e nel pieno rispetto delle regole e dei lavoratori. Comparti come l’edilizia e le costruzioni, l’industria e i trasporti appaiono più toccati rispetto al settore primario, con un numero di irregolarità accertate molto più allarmante. A sostenerlo è la Cia-Agricoltori Italiani, in convegno a Roma per analizzare gli effetti della legge 199 del 2016 a quasi un anno dalla sua approvazione, confrontandosi con i Ministri della Giustizia Andrea Orlando e del Lavoro Giuliano Poletti.

“La Cia da sempre si è spesa per dare il proprio contributo al varo di una legge a tutela dei lavoratori in agricoltura - spiega una nota - e punitiva verso ogni comportamento di sfruttamento. Tra l’altro, l’organizzazione si è dotata da tempo al suo interno di un Codice etico, il cui mancato rispetto comporta l’espulsione dell’associato. Anche perché - ha evidenziato la Confederazione - il caporalato, oltre ad essere una pratica disdicevole, crea anche concorrenza sleale nel settore: i costi previdenziali hanno inevitabilmente una ricaduta diretta sulla formazione dei prezzi dei prodotti che l’agricoltore immetterà sul mercato”. Obiettivo dell’incontro a Roma, quello di capire davvero l’impatto delle nuove regole.
“Il rischio che la Cia intende scongiurare è quello di innescare un clima da caccia alle streghe verso gli imprenditori, generato da eventuali precipitose disposizioni delle Procure, con ordinanze non commisurate al tipo di reato compiuto. Infatti, se c’è un margine di perfettibilità della legge non è sul testo, ma sulla sua interpretazione.
Nel documento normativo in cui si individuano gli indici di sfruttamento del lavoro, per esempio, non si è operata la dovuta distinzione tra reati gravi/gravissimi e violazioni, anche solo meramente formali, della legislazione sul lavoro e della contrattazione collettiva. Questo determina una totale discrezionalità da parte di chi è deputato all’applicazione della legge, in primis gli Ispettori del lavoro e, a un secondo livello, la stessa Magistratura, considerata la mole importante di contenzioso che presumibilmente si andrà a produrre. Secondo la Cia, piuttosto, gli aspetti penali dovrebbero concentrarsi sulla figura dell’intermediario, che opera sia come soggetto fittiziamente proprietario di terreni e titolare di imprese oppure come soggetto che gestisce illegalmente il mercato del lavoro. Non si può mettere sullo stesso piano penale chi recluta e sfrutta la manodopera e chi commette un’infrazione amministrativa”.

“Abbiamo fortemente voluto questo convegno, per testimoniare come la quasi totalità degli agricoltori opera nella trasparenza, nella piena legalità - ha detto il presidente Cia, Dino Scanavino - svolgendo un ruolo produttivo, sociale ed educativo centrale per il sistema Paese nel suo complesso. D’altra parte, siamo anche qui per dimostrare che la rappresentanza degli agricoltori non intende nascondersi dietro un dito, ma è pronta a fare responsabilmente la propria parte affinché siano significativamente ridotti i reati nel settore”.
La legge sul caporalato “è una buona legge, un motivo di orgoglio per chi l’ha proposta e utile alla filiera - ha detto il Ministro della Giustizia Orlando - ma non basta. È paradossale che lo dica io da Ministro, ma spesso si pensa che basti la sanzione penale per eliminare un problema, ma ahimè le cose non stanno così. Ed è una legge utile anche senza il fenomeno migratorio, visto che spesso il mercato criminale è gestito da persone provenienti dalla Comunità Europea, principalmente bulgari e rumeni. Altro luogo comune da sfatare è quello che dice che il caporalato riguarda solo alcune aree, ma non è così. E non bisogna nemmeno confondere il fenomeno con il lavoro nero, perchè queste sono persone praticamente tratte in schiavitù”.
“L’agricoltura oggi ha una legge importante - ha aggiunto il Ministro del Lavoro, Poletti - che bisogna attuare da molti punti di vista. Certamente dal punto di vista della repressione perchè il caporalato è qualcosa di assolutamente inaccettabile e intollerabile. Ma bisogna anche costruire condizioni generali - ha aggiunto Poletti - perchè ci sia un’accoglienza per le persone che abbiano un luogo dove abitare e non si creino ghetti o situazione di grande sofferenza. Il caporalato è un processo che viene da molto lontano, è un pezzo di storia del nostro Paese”, ha sostenuto ancora Poletti ribadendo che “oggi abbiamo una norma importante su questo versante e abbiamo già
interventi realizzati in questo senso dalle forze dell’ordine. Quindi c’è un contrasto forte ma insieme al contrasto bisogna cambiare le condizioni, fare in modo che situazioni in questo settore non si
producano. Oggi abbiamo uno strumento in più che va usato - ha concluso - in maniera saggia ed intelligente. La legge è un importantissimo passo ma bisogna continuare a pianificare l’intervento sociale ed economico perché è nella legalità che avremo una buona impresa. Lo Stato non abbandona le imprese, ribadisco l’impegno del ministero ma non risolvi il caporalato con una legge da Roma ma quando fai un contratto in un territorio, quando c’è una fortissima integrazione e si è vicini al fenomeno, così si è efficaci”.
Dal 2014, però, appena 3.000 imprese hanno aderito alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità, presieduta dall’Inps, come ha ricordato il dg Gabriella di Michele. “L’Inps ha costruito la cabina di regia della Rete certificando le aziende, ma sono poche quelle vi hanno aderito, non per mancanza di semplificazioni, ma perché manca un discorso di premialità. Credo che la norma sia ben costruita - ha detto a proposito della legge anti caporalato - e credo che il nostro sistema giudiziario tuteli i lavoratori. Ma premiare non significa solo non fare le ispezioni (sul 5% delle aziende vengono fatte da parte Inps) ma bisogna puntare molto sulle intermediazioni e certificarle, e anche per le aziende di trasporto. Inoltre credo moltissimo al bollino per le aziende di distribuzione ma credo che bisognerebbe pensare a uno sconto contributivo Inail ed a una premialità riconosciuta dal ministero delle Politiche Agricole che renda credibile l’adesione alla Rete”.
I dati, se si mettono in relazione all’introduzione della Rete del lavoro di qualità confermano la proposta lanciata da Di Michele. Dal 2011 al 2015 infatti nel comparto agricolo si è registrata una notevole diminuzione del fenomeno infortunistico. Si è passati da oltre 47.000 denunce del 2011 alle 38.000 del 2015 (-19,2%); e le denunce con esito mortale sono scese da 184 a 166. I dati provvisori del 2016 non ancora consolidati confermano comunque la tendenza al calo infortunistico sia nel complesso delle denunce (-5%) che per gli eventi mortali (-13%). A rappresentare il Ministero delle Politiche Agricole, assente come ormai di consueto il Ministro Maurizio Martina, c’era Alessandro Apolito, a capo della segreteria tecnica, che ha sottolineato come la legge “è stata guidata dall’agricoltura e non subita. Sono centinaia di migliaia le imprese agricole che lavorano onestamente, è anche a loro che dovevamo questa legge”.

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