Il pericolo del “no deal”, il mancato accordo nell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, fa volare le esportazioni di cibo e bevande Made in Italy oltremanica, con un balzo record del +5,2%, in netta controtendenza con l’andamento stagnante del commercio estero. Emerge da un’analisi Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nei primi 8 mesi 2020.
La corsa agli acquisti è spinta, in particolare, dal rischio dell’arrivo di dazi e ostacoli amministrativi e doganali alle esportazioni, che scatterebbero con il nuovo status di Paese Terzo rispetto all’Unione Europea.
La Gran Bretagna, ricorda la Coldiretti, è il quarto partner commerciale dell’Italia nell’agroalimentare. Le forniture nel 2019 hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro e il 30% del totale è composto dai prodotti a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp) che, senza protezione europea, rischiano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da Paesi extracomunitari.
Oltre alla tutela giuridica dei prodotti, a preoccupare è anche il rischio di una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane, come ad esempio l’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti, che si sta già diffondendo in gran parte dei supermercati inglesi e che, precisa la Coldiretti, boccia ingiustamente quasi l’85% del Made in Italy a denominazione di origine (Dop).
Dopo il vino, che nel 2019, spinto dal Prosecco, ha fatturato sul mercato inglese quasi 771 milioni di euro, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. Importante anche il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano per un valore attorno agli 85 milioni di euro.
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