Visione unitaria, cabina di regia, una sola voce o, almeno, un messaggio unico e chiaro da raccontare nel mondo sintetizzando, magari, la grande complessità e ricchezza del vino italiano, che se non gestita può diventare, però, un fardello: sono sempre questi i nodi da sciogliere, è sempre questa la quadra da trovare, per il vino italiano che mentre, pian piano, continua a crescere sui mercati del mondo, grazie al lavoro di tante imprese, a livello istituzionale, anche attraverso le sue diverse rappresentanze, è all’eterna ricerca di una sorta di “santo Graal” che, tra difficoltà a fare davvero squadra, instabilità politica e non solo, continua a sfuggigli. Magari, l’anno buono sarà il 2020, quando arriverà, promessa dal Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, proprio la “cabina di regia”, prevista per Gennaio, come spiegato a Wine2Wine, il business forum di Vinitaly, in un video messaggio, dalla titolare del dicastero di Via XX Settembre. E che, nell’ipotesi più virtuosa, dialogherà anche con il “Tavolo Vino” del Ministero dello Sviluppo Economico, coordinato dall’Ice, pronto a riprendere la sua attività, come ricordato da Anna Flavia Pascarelli, dirigente dell’Ufficio Agroalimentare e Vini dell’Ice. Fatto sta che cambiare passo, o meglio ritrovare quello del recente passato, è un imperativo per il settore, che, nel 2019, vedrà crescere ancora il suo export, ma solo del 2,9% sul 2018, a quota 6,3 miliardi di euro, come sottolineato dai dati dell’Osservatorio Vinitaly - Nomisma Wine Monitor, mentre la Francia cresce più del doppio e sfonderà il tetto dei 10 miliardi di euro, e i competitor del Nuovo Mondo, come Cile e Nuova Zelanda, mordono il freno.
Eppure, le occasioni per riprende la corsa non mancano, ed a volte nascono anche da situazioni che spaventano. Come i superdazi introdotti in ottobre dagli Usa, che hanno colpito il vino francese, per esempio, salvando (per ora) quello italiano. Cosa che, per esempio, ha spingo gli americani a fare scorte di bottiglie dalla Francia, negli ultimi mesi, regalando ai transalpini una grande performance nel 2019, ma che magari li penalizzerà nel 2020. “Ci sarà un momento di stabilizzazione sul vino francese in Usa dopo le scorte - ha sottolineato il dg Veronafiere, Giovanni Mantovani, incalzato dal giornalista Paolo Del Debbio - ma cresce, per esempio, il Nuovo Mondo, con Nuova Zelanda, Cile e Sudafrica e non solo. Ma penso anche che in Usa, ci sarà anche una finestra importante per il vino italiano, che per ora non è colpito dai dazi: cogliamo questa opportunità per farci conoscere di più. Dobbiamo giocarcela”. E se la crescita più forte è stata in mercati come Giappone e Canada, dove sono in vigore accordi di libero scambio con l’Ue, il grande obiettivo è la Cina. “Resta un mercato fondamentale, per le sue grandi potenzialità, ma dobbiamo essere più incisivi. Anche per questo parte Wine2Asia il prossimo anno - sottolinea Mantovani - evento già di taglio internazionale. Può essere il momento giusto per aggredire quel mercato, va fatto un grande lavoro in Cina, ma anche con le aziende in Italia, che devono arrivare preparate a quel mercato, e oggi spesso non lo sono. Ed è un occasione per cercare un modo di comunicare unitario. Bene che ci sia la cabina di regia come dice la Ministra, così come il tavolo vino del Mise, dove però dobbiamo arrivare con un progetto comune, cercando di allargare la torta per tutti, e non di difendere ognuno la sua fetta”.
“Comunicare è come buttare un seme, se il terreno su cui si fa è arato o no dipende spesso dai rapporti con i Paesi - ha aggiunto il presidente Federvini, Sandro Boscaini - di certo dove ci sono accordi bilaterali le cose funzionano bene. Il Giappone è riesploso, lo stesso per il Canada, che non è un mercato ancora così maturo come si pensa. Poi è chiaro che serve cabina di regia, per lavorare in modo più unito. Anche a livello Europeo, perchè è vero che siamo anche competitor con Francia e Spagna, per esempio, ma c’è un Nuovo Mondo che va molto forte, con una comunicazione ed un marketing più semplice, che funziona. Noi abbiamo una complessità e una ricchezza che è enorme, è una forza, ma crea complessità comunicative che sono oggettive”.
“Abbiamo tante, troppe Denominazioni, e non riusciamo a fare comunicazione su questo. Magari potremmo pensare a far diventare alcune sottozone di altre, in modo da essere più efficaci sia nella comunicazione, che nella tutela, e anche questo è un tema da discutere, finalmente, magari in sede di cabina di regia”, ha aggiunto Stefano Zanette, vicepresidente Federdoc.
“Noi in Italia siamo ricchi di diversità, ma è difficile raccontarla in certi Paesi. Dobbiamo fare delle scelte - aggiunge il presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), Ernesto Abbona - perchè pensare di promuovere tutte le diversità ovunque è impossibile. Dobbiamo spingere su quelle denominazioni che hanno numeri e fatturato, e limitare all’Italia prodotti che hanno parametri diversi. Tenendo conto che c’è spazio per tutti. In certi territori come le Langhe, la Toscana o la Valpolicella, per esempio, l’enoturismo in questi anni è cresciuto tantissimo, e chi viene a visitare questi territori poi scopre che c’è anche altro, al di là delle denominazioni più conosciute”.
“Diamoci un impegno da qui a quando sarà convocato il tavolo del Mise e la cabina di Regia delle Politiche Agricole - rilancia Mantovani - se mettiamo insieme le idee di questo dibattito e le portiamo al tavolo, probabilmente troviamo soluzioni che ci aiuteranno ad affrontare la stabilità dei mercati”.
I punti da lavorare, però non sono poche: “prima di tutto - sottolinea Boscaini - dobbiamo lavorare sul valore dei nostri vini, e dirci chiaramente che ci sono anche tante denominazioni che svendono a prezzi troppo bassi, e portano discredito a quello che facciamo. Poi dobbiamo allargare i nostri mercati: in Usa c’è sempre il pericolo dazi, in Uk vediamo che succederà con la Brexit, la Germania sta affrontando la sua crisi. Questo per parlare di 3 mercati strutturali per il vino italiano, tutt’altro che sicuri, e questo ci dice che dobbiamo investire anche altrove. E poi lavoriamo sul mix di prodotto, perchè se gli spumanti crescono da anni, abbiamo tante altre eccellenze su cui puntare”.
Altri aspetti chiave sono “la tutela delle denominazioni, ed in questo è fondamentale l’Europa - aggiunge Zanette - così come, per esempio, è fondamentale arrivare ad uno standard nazionale di certificazione della sostenibilità, tema sul quale, altrimenti, si rischia di disperdere tante risorse”.
“Dobbiamo credere in questi strumenti come la cabina di regia ed il tavolo del Mise - ha concluso Abbona - l’Italia è il Paese dei nostri figli, e spesso non ci rendiamo conto di quanto sia bella. Dobbiamo convincercene, e raccontarlo al mondo”.
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