La spesa alimentare costa sempre di più e la naturale conseguenza è che gli italiani acquistano meno. Ma questo non basta per risparmiare perché l’aumento dei prezzi si traduce in un pagamento più alto alla cassa. L’effetto inflazione si fa sentire e non solo nello scontrino, dove la lista degli articoli è più ridotta, ma anche nelle abitudini della spesa. Cambia la routine e la fedeltà ad un determinato punto vendita si sta sgretolando: gli italiani leggono i volantini e vanno a caccia delle offerte a loro più convenienti all’interno dei vari supermercati della zona. La nuova tendenza spinge all’acquisto di cibo low-cost nei discount.
Venendo ai numeri, il caro prezzi taglia del 4,5% le quantità di prodotti alimentari acquistati quest’anno con gli italiani che però sono costretti a spendere comunque il 6,9% in più a causa dei rincari determinati dall’inflazione. Un dato frutto dell’analisi Coldiretti (dati Istat) sul commercio al dettaglio nei primi otto mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente . Il carrello della spesa si rimodula. Volano gli acquisti di cibo low cost e non a caso i discount alimentari fanno segnare un balzo del +9,5% nel periodo gennaio-agosto nelle vendite in valore, il più elevato tra gli scaffali del dettaglio. Un risultato che per Coldiretti “evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo rinunciando anche alla qualità”.
Eppure anche i nostri comportamenti possono fare la differenza. Qualche esempio? Controllare le scadenze per non gettare cibo intatto, controllare sovente il frigorifero e posizionare gli alimenti nel modo giusto, scegliere frutta e verdura con il giusto grado di maturazione, puntare sul “chilometro zero” e sul riutilizzo degli avanzi per nuove ricette senza avere il timore di chiedere un recipiente per portarsi a casa il cibo non consumato al ristorante.Difficoltà che toccano i consumatori ma anche le aziende agricole. Il maltempo ha decimato i raccolti e i bassi prezzi in molti casi non consentono di coprire i costi di produzione con il rischio dell’abbandono di interi territori. Ma a pesare sono anche i costi della logistica, aggiunge Coldiretti, spinti dal caro carburante, che nel caso della frutta e della verdura arrivano ad incidere attorno ad un terzo del totale.
“Occorre lavorare - precisa la Coldiretti - per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni. In questo contesto è importante l’opportunità del Pnrr con richieste di investimenti per i contratti di filiera superiori alla dotazione e l’incremento dei fondi va nella direzione auspicata di aumentare la produzione in settori cardine, dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura e “raffreddare” il carovita che pesa sulle tasche degli italiani e sui costi delle imprese”.
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