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Che le api avessero traslocato in città, in fuga dalle campagne infestate di pesticidi, è noto. La novità sono Antonio, Elvira, Andrea, Davide, Ester: i mieli “a marchio” (e nome) dei cittadini, prodotti in città come Torino dai beekeepers urbani

Che le api avessero traslocato in città anche in Italia, in fuga dalle campagne infestate di pesticidi, e che nell’ambiente urbano abbiano trovato persone disposte ad accudirle, in linea con la tendenza, segnalata da tempo da WineNews, di quanto avviene, sui tetti o nei balconi, da New York a Parigi, passando per Londra è cosa nota. La novità, ora, sono Antonio, Elvira, Andrea, Davide ed Ester: ecco solo alcuni dei mieli “a marchio”, e con il nome, dei cittadini, prodotti in città - in questo caso a Torino - dai “beekeepers”, gli apicoltori urbani per passione, grazie a progetti ad hoc. E se il fatto che le api si spostino sempre di più in città non è dunque una buona notizia per l’ambiente e di conseguenza per noi, almeno c’è chi in qualche modo cerca di far qualcosa per sé e per le “sentinelle” ambientali per eccellenza, responsabili dell’impollinazione, insieme agli altri insetti impollinatori, di un terzo del cibo che mangiamo, fino al 90% delle piante selvatiche e di 71 delle 100 colture più importanti per l’alimentazione umana, dai pomodori alle mele e le fragole.
“Le api ormai stanno meglio in città che in campagna - spiega Francesco Panella, alla guida degli apicoltori italiani dell’Unaapi, a L’Espressofood&wine.it - colpa dell’agricoltura intensiva, per la quale servirebbe l’etichetta “biocida come sui pacchetti di sigarette. Se le api, punta dell’iceberg di uno dei fattori indispensabili per l’uomo, l’impollinazione, non sopravvivono più nelle campagne questo significa che non sopravvivono più neanche coccinelle, libellule, farfalle. Tra i Paesi europei l’Italia è quello in cui le api stanno meglio - aggiunge Panella - grazie alla sospensione di alcuni insetticidi sistemici nella concia delle sementi del mais. Ma bisogna cambiare modo di fare agricoltura - conclude Panella - trattiamo il processo produttivo agricolo come se si trattasse di fare automobili o frigoriferi, senza tenere presente che invece abbiamo a che fare con la natura e la sua complessità”.
A Torino grazie al progetto “Urbees Api in città” (https://www.facebook.com/ProgettoUrBEES) si aiutano le api, con una rete che oggi a Torino conta 20 arnie in sei diversi posti e che nel 2013 ha prodotto e messo in vendita 2.000 barattoli di miele di città da 125 grammi l’uno che portano il nome dei cittadini, etichettati e dotati di un Qr code che contiene la scheda per la tracciabilità del prodotto che garantisce la sicurezza del miele e la trasparenza del processo e rende possibile realizzare una mappatura delle piante di città di riferimento per gli impollinatori, dal tiglio all’ippocastano al trifoglio.
Lo stesso fa il Caab-Centro agroalimentare di Bologna guidato da Andrea Segrè, con il progetto “bee-Sos-tenibile” di apicoltura urbana con 80.000 api e due arnie in città, accanto corsi per tutti i cittadini sulle api, in collaborazione con Conapi (www.caab.it). E da Milano a Roma, passando per Firenze, sono davvero molte le api che abitano nelle nostre città.

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