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Che si parli di moda, di finanza o di agricultura, le costanti sono tre: “fare le cose per bene, creare rapporti speciali, puntare sul territorio”. Così, a WineNews, Brunello Cucinelli, uno degli imprenditori italiani più apprezzati nel mondo

Non Solo Vino
Brunello Cucinelli

Che si parli di moda, che è il suo business, di borsa, che è stata la sua scelta per “aprirsi al mondo”, o di agricoltura, che è stata la sua origine, visto che “fino a 15 anni ho fatto il contadino”, le costanti sono tre: “fare le cose per bene, creare rapporti speciali, puntare sul territorio”. Così, a WineNews, Brunello Cucinelli, uno degli imprenditori italiani più ammirati nel mondo, non solo per il successo commerciale del suo cachemere, ma anche per il suo approccio da filantropo al modo di fare impresa e di custodire il territorio, come dimostra il recupero del borgo di Solomeo, in Umbria.
“Di simili, tra questi tre mondi, è che come la moda ha bisogno di grande artigianalità, qualità, esclusività, rapporti fatti di cose speciali, con le banche e i finanziatori è la stessa: come succedeva nel Rinascimento, quando tu eri un capitano di ventura e dovevi convincere il signorotto a finanziarti l’impresa, oggi è la stessa cosa nel rapporto tra banca e impresa. Che deve essere speciale, nitido, leale, franco: io devo convincere te banca a finanziare il mio progetto. E vale anche per l’impresa agricola. Io vengo dalla terra, ho fatto il contadino fino a 15 anni, tiravo le vacche, ricordo che ancora mi aiuta a ritrovarmi ogni giorno, a ritrovare la quiete e dare il giusto valore alle cose. E qualche tempo fa ho fatto una campagna pubblicitaria citando Senofonte che dice: “dalla terra tutto viene”. La terra, il territorio, sono fondamentali per l’impresa: vale per noi che facciamo moda, che se non fossimo stati legati al nostro territorio non avremmo avuto lo stesso successo che abbiamo, e vale tanto di più per chi fa agricoltura e vino. Che ha il dovere di custodire e valorizzare i territori e la loro cultura”. Il che vuol dire essere “contemporanei”, non attaccati alla nostalgia del passato, secondo Cucinelli. Che non disdegnerebbe, per le imprese agricole, anche per quelle piccole, l’apertura alla borsa, o a qualche altro tipo di capitale per crescere.
“Noi siamo sbarcati in borsa 2 anni fa, e non abbiamo trovato un investitore che non ci ha chiesto cose diverse da quello che eravamo e facevamo. Io credo che ogni impresa contemporanea debba guardare al capitalismo contemporaneo, alla finanza contemporanea, alla spiritualità e alla politica: noi stiamo vivendo un nuovo ruolo, una nuova epoca. È vero che molti investitori guardano al guadagno nel breve periodo, ma ci sono fondi, per esempio, che decidono di supportare un’impresa per 20-30 anni, e diventano soci-custodi di un’azienda. Io consiglio sempre a tutti di aprirsi, poi che ci si apra con una banca, un fondo di investimento o la borsa, poco importa. Io ho scelto la borsa perchè, dopo 34 anni di azienda “patriarcale”, volevo una pluralità di soci, ma credo che tutte le cose vadano bene purchè ci si apra e purchè si abbia il coraggio di ascoltare chi non la pensa come te, perchè quando ti apri diventi automaticamente anche più internazionale”.
Difficile, per Cucinelli, anche parlare di crisi. “Io non so immaginare la crisi a livello planetario. Ho visto la Cina 26 anni fa la prima volta, e come è cresciuta, come hanno fatto l’India e il Sud America, per esempio. Io credo che abbiamo vissuto una crisi di civiltà negli ultimi 30 anni, civile, morale, politica, economica, che ha portato ad un esasperazione del consumismo in Paesi anche come il nostro. Ora è un mondo nuovo, c’è una rinascita, civile, morale, spirituale, economica, partita da Papa Francesco. Stiamo vivendo un’era migliore, un’era che definirei il “declino del consumismo”, inteso quella parte che non serve all’esere umano per vivere una vita serena. Soprattutto in Italia, perchè siamo uomini di grande sensibilità e di cultura, e abbiamo capito all’improvviso che non abbiamo bisogno di quel 15-20% di cose superflue: non ho bisogno di fare una cena in più, di bere un bicchiere di vino in più, abbiamo bisogno di silenzio, di spiritualità, di tolleranza, di misticismo, è questo che un pò ci manca”.
Tutte cose da ritrovare anche nel rapporto impresa-territorio. “Io credo che un azienda debba avere un rapporto meraviglioso con il proprio territorio, curandolo e mantendendolo. Come dice il Papa Francesco, cercando di essere custodi del creato. E, forse, l’impresa, con una parte dei suoi profitti, dovrebbe anche curarlo il territorio, immaginando di vivere per 100 anni. Guardando al futuro: ognuno di noi ha il dovere di essere contemporaneo, altrimenti, come dice Voltaire, se tu del tuo tempo non accetti i cambiamenti, prendi solo la parte peggiore”.

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