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“Chi governa non la minima idea di cosa sia fare impresa. I ristori? Ridicoli”. Così Carlo Dall’Ava

La riflessione dell’imprenditore friulano fondatore del marchio Dok, ambasciatore del grande prosciutto di San Daniele (e non solo) nel mondo
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Carlo Dall’Ava, alla guida di Dok Dall'Ava, griffe del grande prosciutto di San Daniele

“Che si vergognino. Mi riferisco a coloro che hanno il potere di tenere chiusi locali e ristoranti. A chi ci governa. A mio avviso non si rendono conto del danno che stanno apportando all’intero sistema economico, così facendo. Chi ci governa non ha la minima idea di cosa voglia dire fare impresa. Ovvero: svegliarsi ogni giorno con una miriade di problemi da risolvere. Lottare perché le cose vadano bene. Dare da lavorare a centinaia di persone e non sapere cosa sarà domani. Ci dicono di adeguarci alla norma per: il distanziamento, un numero limitato di posti a tavola. E poi ci fanno chiudere, senza nessuna certezza su quando e come riaprire. Siamo un popolo tollerante, accettiamo ciò che ci viene imposto. Fossimo in Francia, on in altri Paesi al mando, le reazioni sarebbero differenti”. Parole senza peli sulla lingua, amare quanto sincere, firmate da un imprenditore italiano che ha portato l’eccellenza del prosciutto di San Daniele e non solo nel mondo, dette con quella voglia di dire come la si pensa senza filtro, come capita a chi ha superato prove difficili nella vita, e ha capito che non bisogna perdere tempo a tergiversare, con sano pragmatismo. Così è per Carlo Dall’Ava, fondatore del marchio Dok, che è sinonimo di grandi prosciutti realizzati con il “saper fare” made in Italy e made in Friuli, a San Daniele, e reduce, come lui stesso racconta, da un infarto per il quale è stato vicino a perdere la vita.

“Giorni e giorni in ospedale. Operazioni. La terapia intensiva. Non poter comunicare con i miei cari. A mia moglie, al telefono, dall’ospedale han detto, mentre mi trovavo in rianimazione: “è stato operato, vediamo se passa la notte”. È stata dura. Ma sono qui a raccontarla”, sottolinea l’imprenditore, che ha aperto anche diversi ristoranti e prosciutterie.

“Dentro di me, è scattato qualcosa: non ho più tempo per non dire ciò che penso. I freni inibitori sono saltati”, spiega Carlo Dall’Ava, che leva una voce che racconta una situazione simile a quella di tante piccole e medie imprese del wine & food made in Italy, firme di quell’alto artigianato enogastronomico che, dalla pandemia, con la sosta lunga e forzata della ristorazione italiana e mondiale, hanno subito il danno maggiore, non potendo contare, se non molto marginalmente, su grande distribuzione ed e-commerce.

“Ho 80 persone a casa. Abbiamo anticipato la cassa integrazione - dice Dall’Ava - non so se saremo ancora in grado di farlo. Quando in molti altri Paesi nel mondo tutto funziona, con le regole, rispettando i dettami anti Covid. L’Asia è ripartita. Israele ha vaccinato l’intera popolazione e noi siamo nel pieno di una crisi di Governo, nel bel mezzo della pandemia. Solo noi, registreremo, con i nostri ristoranti, un meno 80% degli introiti. I ristori sono compensazioni a dir poco ridicole”.

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