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CHILOMETRO ZERO UGUALE QUALITÀ? ECCO IL PARERE DI GIGI BROZZONI, DIRETTORE DEL “SEMINARIO PERMANENTE LUIGI VERONELLI” CHE SU “CONSENSO NEWS” PARLA DEI PRODOTTI A CHILOMETRO E AFFERMA CHE “LA QUALITÀ VAL BENE UN VIAGGIO”

Chilometro zero uguale qualità? C’è chi qualche dubbio ce l’ha, come il direttore del Seminario Permanente Luigi Veronelli, Gigi Brozzoni, che nel “Consenso News”, la newsletter del Seminario, mette in luce un aspetto riguardante il tema dei prodotti a chilometro zero, affermando che “la qualità val bene un viaggio” (info: www.seminarioveronelli.com).
“Tutte le volte che leggo o sento parlare di prodotti a kilometro zero - dice Gigi Brozzoni - mi riappare un documentario visto in tv nel quale una donna di uno sperduto villaggio dell’estremo oriente si reca al mercato per vendere due bei polli; ma al mercato vicino al suo villaggio i polli vengono pagati poco e allora quella donna parte per un lungo viaggio con uno “scassatissimo” autobus, che dopo una giornata intera la porta in un mercato dove i suoi due polli vengono ben pagati. Contenta e soddisfatta - racconta Brozzoni - affronta il difficile e faticoso viaggio di ritorno, sempre sullo sgangherato autobus perché in tasca ha qualche moneta in più. E quanto più la questione del chilometro zero si fa insistente, sempre più vivo è il ricordo di quella donna e dei suoi polli”.
“A queste arcaiche civiltà contadine la questione del chilometro zero non importa nulla - prosegue Brozzoni - per loro è vitale riuscire a realizzare un buon guadagno, così da poter provvedere alla propria famiglia. E se quei due polli in quel mercato vengono pagati di più, vuol dire che lì c’è gente che sa apprezzare meglio la loro bontà e, quindi, il loro valore - spiega Brozzoni - fermo restando che non alimento quell’inutile via vai di autoarticolati che trasportano acqua in luoghi dove l’acqua non manca, perché ormai da alcuni anni bevo solo la buonissima acqua di “Château du Roubinette”, non riesco a convincermi della bontà di questa moda un po’ oscurantista e dogmatica. In un mercato contadino di La Morra ho acquistato il peggior aglio che abbia mai provato; in un mercatino vicino a casa ho acquistato un pessimo formaggio di pecora, che neppure ghiri, ricci e cornacchie hanno apprezzato”.
“Continuerò a usare l’aglio rosa di Lautrec - prosegue il direttore del Seminario Veronelli - e lo Strachitunt della val Taleggio; mangerò il Radicchio Rosa di Gorizia e la scarola o il radicchietto del Franchino, il mio ortolano di fiducia; andrò sempre alla ricerca dei carciofi di Sardegna e degli asparagi di Albenga, della carne del Limousin o del fassone piemontese e persino del manzo texano, dei pomodori di San Marzano e dei ciliegini di Pachino (magari quelli prodotti dai Planeta, dolcissimi come caramelle); le vongole di Goro e gli scampi di Mazara, le alici di Cetara e i capperi di Pantelleria o Favignana. Non parliamo poi del vino, che amo da qualsiasi angolo d’Italia provenga. Non voglio tediarvi oltre - conclude Brozzoni - ma credo sia chiaro che la qualità val bene un viaggio, e ben lo sapeva la caparbia contadina d’oriente. C’è molto da discutere, invece, sul come viaggiare e come far viaggiare le merci. Ma questa è un’altra storia”.

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