A pochi giorni dalle elezioni Europee, a ricordare il ruolo che l’Europa ha avuto, dal 2010 ad oggi, nella crescita dell’agricoltura italiana, è l’Ufficio Studi Cia, che sottolinea come i lavoratori nel settore sono aumentati di 85.000 unità (+21%), mentre il made in Italy agroalimentare ha trovato nuova forza nello sviluppo del biologico, con 25.000 nuovi operatori, una crescita pari al 60%, sulla scia di una sempre maggiore consapevolezza e sensibilità ambientale. Ancor più evidente è l’effetto dell’accordo di Schengen, perché l’abolizione dei controlli doganali ha dato linfa importante all’export agroalimentare italiano, che nell’area euro manda prodotti per oltre 210 miliardi (+40%). Crescono anche le certificazioni di qualità, del +38% dal 2010, pari ad 85 nuovi prodotti tra Dop e Igp. Eppure, anche la Cia - Agricoltori fa notare come “il confronto politico tra i candidati a Bruxelles non sta vertendo sulle prospettive future dell’eurozona, ma su questioni ancorate a una visione politica prettamente nazionale, mentre resta urgente un dialogo serrato e costruttivo su politiche europee e loro possibile riforma”.
In quest’ottica, gli Agricoltori Italiani attendono risposte dalla prossima legislatura, partendo ovviamente dalla nuova Pac - Politica Agricola Comune che, tra le politiche fondanti l’Ue, ha garantito sicurezza e salubrità delle produzioni agroalimentari, così come tenuta del sistema rurale e salvaguardia di biodiversità e ambiente. È necessario, sottolinea la Cia, che il budget della Pac post 2020 non venga tagliato, ma si mantenga almeno l’attuale livello di spesa. Allo stesso tempo, bisogna accelerare il percorso di riforma della nuova Pac, già avviato in questa legislatura, in una logica di semplificazione, flessibilità e innovazione. Inoltre, secondo la Cia, devono entrare nell’agenda politica comunitaria la riforma del sistema dei pagamenti, l’accrescimento delle politiche di sostegno all’organizzazione di filiera, il rafforzamento delle politiche di gestione delle crisi. Un progetto europeo di governo delle aree interne e nuovi accordi di libero scambio che - conclude Cia - da una parte sostengano l’export italiano e dall’altro tutelino i nostri prodotti sensibili da un import senza regole, anche rivedendo il funzionamento delle clausole di salvaguardia.
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