L’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia e l’inflazione, schizzata a +8,4%, rafforza l’urgenza di accelerare e vincere la sfida per la transizione verde, con la produzione agricola biologica quale strada maestra da percorrere per la vera sostenibilità. Serve, per questo, un programma che tuteli il bio dalla crisi economica, nei campi e sullo scaffale. A dirlo è Cia - Agricoltori Italiani dal Sana 2022, di scena a Bologna da oggi all’11 settembre. Ora - sottolinea Cia - il ruolo del biologico si fa sempre più dirimente, e interpreta, prima che un’ambizione, un modello comprovato e verso cui tendere nella lotta ai cambiamenti climatici, visti gli oltre 3 miliardi di danni causati dall’ultima siccità, e per garantire la sicurezza alimentare globale con il 2023 a rischio carestia stando ai 46 milioni di persone in più nella fame, durante gli ultimi due anni, ed ai nuovi 200 milioni in difficoltà da inizio pandemia a oggi. Il biologico, difronte a tutto ciò, ha già dimostrato di poter contribuire alla svolta e con prove tangibili quasi tutte italiane.
Il nostro Paese - fa il punto Cia - vanta la più alta percentuale di superfici bio sul totale, con oltre 2,2 milioni di ettari, il 17% del totale, rispetto al 9% della media Ue, al 10% di Spagna e Germania e al 9% della Francia. Ma soprattutto, il comparto cattura CO2 per eccellenza, vede l’Italia del bio crescere a ritmi importanti (superfici e imprese bio a +40% negli ultimi 5 anni), tali da far prevedere il raggiungimento dei 3 milioni di ettari entro il 2030, centrando così il target del Green Deal Ue del 25% di superfici a bio, raggiunto già da Calabria, Sicilia, Toscana e Lazio.
Il mercato del biologico Made in Italy vale quasi 5 miliardi di euro (pari al 3,5% delle vendite al dettaglio biologiche mondiali, ndr) e si dovrà guardare con attenzione ai comparti più forti - precisa Cia - come l’ortofrutticolo, che da solo fa il 46,1%, e alle colture in aumento: vigneti (+9,2%) e noccioleti (+12,5%), grano duro (+5,9%) e tenero (+15,4%) con i seminativi a fare da soli il 45% della Sau bio, mentre si riducono, ma di poco, le superfici ad agrumi (fino a -17%) e restano stabili prati e pascoli (-0,8%). Tutti comunque compromessi dalle calamità come dalle tensioni per la guerra in Ucraina, e per quella dei prezzi, che fanno danni dal campo alla tavola e vanno svuotando il carrello anche del bio (vendite giù dello 0,5% nella Gdo in questo 2022).
Nel 2022 l’89% delle famiglie italiane ha acquistato bio almeno una volta. Molte, invece, le trasformazioni che riguardano i consumi interni, che complessivamente si dimostrano in crescita grazie al traino dei consumi extra-domestici (ristorazione commerciale e collettiva segnano un +53%) e un’incidenza dei consumi bio sul totale dei consumi alimentati ancora più bassa rispetto a quanto accade nei principali Paesi europei. A trainare la crescita del mercato sono i consumi fuori casa che hanno superato il miliardo di euro, segnando una crescita del +53% rispetto al 2021 grazie alla dinamica sia della componente legata alla ristorazione collettiva (+20%) che a quella della ristorazione commerciale (+79%).
“Il patto con il consumatore, di cui Cia/Agrcioltori Italiani si sta facendo promotrice, per ripartire il giusto valore lungo tutta la filiera a questo punto, passare proprio per il biologico di cui l’Italia rappresenta una buona pratica, strategica alla svolta green e anche contro la crisi energetica”, dice il presidente Cia/Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. “Occorre però accogliere un’altra sfida, più coraggiosa. Costruire una grande campagna che tuteli il biologico da quest’impasse inflazionistica e ne faccia il motore del cambiamento, puntando su qualità e ruolo del settore, e su uno sviluppo integrato che coinvolga nel territorio, associazioni, istituzioni e imprese. Non vanno vanificati gli impegni presi nel quadro normativo specifico con il Regolamento europeo e con la legge nazionale dedicata - conclude Fini - bisogna agevolare gli investimenti; canalizzare ricerca, innovazione e, prima di tutto, le risorse già stanziate (dai 2,1 miliardi di euro della programmazione Pac 2023-2027 ai 300 milioni del Fondo complementare al PNRR per i contratti di filiera e distrettuali) per sostenere e promuovere il comparto, ridurre i costi di produzione e i prezzi al consumatore”.
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