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“CIBO E LIBERTÀ”, OVVERO L’ELOGIO DELLA DIVERSITÀ E DELLA BIO-DIVERSITÀ COME “SALVEZZA DEL PIANETA”, CHE SI CONCRETIZZA QUANDO ANCHE LE GRANDI INDUSTRIE DEL CIBO PRENDONO AD ESEMPIO IL MICROUNIVERSO DEI PRESÌDI. LE RIFLESSIONI DI CARLIN PETRINI

Non Solo Vino
Il libro Cibo e Libertà

“La diversità è, per sua definizione, un principio che accoglie il piccolo e il grande. E quello che succede nel microuniverso dei Presìdi è un faro, un modello anche per la grande industria, che sta iniziando a far conoscere la propria produzione partendo dall’origine, da chi produce, dalle zone di produzione, dai metodi di produzione. Quindi, il successo di uno non esclude l’altro, ma essi si rafforzano”. Parola di Carlìn Petrini, fondatore di Slow Food, che così ha risposto ad uno degli spunti di riflessione arrivati dai lettori di WineNews, nella presentazione del suo ultimo libro, “Cibo e libertà”, di scena, ieri, a Petra, cantina toscana del gruppo Terra Moretti.
Cosa vuol dire, oggi, mettere insieme “Cibo e Libertà”?
“Si è abusato tanto della parola libertà in passato. Nella prima costituzione americana - ha detto Petrini - una delle prime parole era libertà ,e tuttavia lo schiavismo era accettato come un fatto normale. Ed era accettato anche dalla Chiesa cattolica che per prima predica uguaglianza e fratellanza. Di questa parola si abusa ancora oggi e quello che io propongo abbinando i termini “cibo e libertà” è una doppia liberazione. Liberarsi dalla pornografia del cibo, da quella moda che imperversa ovunque e per la quale di cibo, ricette e chef se ne parla ovunque e spesso a sproposito. Liberarsi da questo tipo di pornografia per ricollocare il piacere del cibo, che non rinnego, sia chiaro, all’interno di un processo di libertà che rispetta e valorizza la terra, i contadini, i produttori. Pensiamo alla nostra Italia: ovunque in tv, alla radio, sui quotidiani si parla di cibo, eppure non abbiamo più contadini, eppure nella mia terra le pesche vengono lasciate a marcire sugli alberi perché il costo della raccolta è maggiore del ricavo che se ne riceve a venderle. Perché l’agricoltura è ancora uno dei pochi settori in cui il prezzo viene fatto da chi compra e non da chi vende. E questa noi la chiamiamo liberà? Quindi propongo la libertà del cibo come rispetto del cibo e come libertà dalle schiavitù, ancora oggi esistenti, di un mercato che si definisce libero, ma è tutt’altro che libero”. Eppure, è un dato che la produzione di cibo, fin dagli anni ’70, sarebbe bastata per sfamare l’intero pianeta, ma non è successo. Come è un dato che aree del mondo allora meno sviluppate, oggi sono diventate il centro degli scambi commerciali e dello sviluppo globale. Come conciliare queste nuove criticità con l’obbiettivo di dare a tutti “cibo e libertà”? “Partendo dall’Africa - dice Petrini - e dall’affrontare la situazione della disparità economica di questo Paese. Ecco perché il mio progetto degli Orti è in Africa. Se non ci impegniamo a capire come affrontare la questione africana, avremo fallito ovunque nel pianeta. Del resto tutti arriviamo da lì. Il mondo è iniziato in Africa. Lì dobbiamo tornare per creare un modello economico più giusto, equo e felice”.
Secondo alcuni uno dei modelli possibili, per sfamare il mondo, è anche quello di puntare su colture Ogm. Posizione sulla quale ovviamente Slow Food è contrario. Ma non si rischia così di precludere a priori delle possibili soluzioni per l’alimentazione globale?
“Sono convinto che la bio-diversità - spiega Petrini - sia l’unica strada che salverà il nostro pianeta. Se non ci rendiamo conto che l’omologazione del cibo è anche omologazione del pensiero, accetteremo tutto quanto ci verrà proposto dalle multinazionali. Io vorrei vedere la faccia del signor “Monsanto”. Chi è il signor Monsanto? C’è il signor Monsanto? Risponde delle sue azioni? La biodiversità è l’unico vero principio in grado di rafforzare le difese immunitarie del pianeta in modo naturale. Il “respiro del mondo” non è altro che questa diversità biologica e non è un caso se questo termine coincide con il concetto di “metabolismo dell’uomo”.
Quale è oggi la missione di Slow Food, rispetto al passato?
“Siamo nati come movimento che tutela la biodiversità partendo dal cibo. Ora è arrivato il momento di essere davvero protagonisti di un cambiamento. Il primo passo lo abbiamo fatto diventando consulenti della Fao e da lì riparte il nostro attivismo. Da lì, da Terra Madre e dall’Università di Scienze Gastronomiche dove tanti giovani provenienti da ogni Paese acquisiscono, insieme a competenze tecniche specifiche, una mentalità diversa fondata sul rispetto e l’esaltazione di ciò che è diverso. Come diceva Edgar Morin “tutto si rigenera, tutto inizia di nuovo” e questo è anche il nostro percorso come Slow Food e come Terra Madre. Un percorso che si definisce in cammino”.
Percorso che, qualunque sia la metà, passera anche da Expo 2015, che ha un tema perfetto per Slow Food, come “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.
“Vorrei parlare volentieri dell’Expo 2015, ma non c’è tempo in questa sede: a febbraio 2014, dirò qualcosa a riguardo e lo farò raccogliendo intorno a me le voci di chi la pensa al mio stesso modo sull’agricoltura, sul cibo e sulla libertà”.

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