Un fatturato di 107 miliardi di euro, in crescita dell’1,9% sul 2004, e un export di oltre 18 miliardi di euro in aumento del 2,7% rispetto al precedente esercizio. Sono i numeri dell’agroalimentare italiano emersi oggi a Parma, al Cibus, il salone internazionale dell'alimentazione, che schiera oltre 2400 espositori provenienti da 21 paesi (attesi incontri a 360 gradi con i buyer della grande distribuzione di tutto il mondo).
L’analisi del settore, condotta da Ismea e Federalimentare, ha evidenziato che a fronte della crescita dell’export agroalimentare, l’Italia ha però segnato un arretramento a livello internazionale, passando dal settimo all’ottavo posto nella classifica dei paesi produttori. Meglio di noi Usa, Francia, Olanda, Germania, Brasile, Spagna, Belgio. Dietro ci sono Canada, Cina, Regno Unito e Australia. Insomma, il nostro Paese ha realizzato prestazioni di tutto rispetto, ma qualche altra nazione sta correndo più di noi. Concentrando poi l’attenzione sull'Unione Europea, che rappresenta il 70% dell'export agroalimentare di casa nostra, l'Italia è sesta con 12,9 miliardi di euro dietro a Olanda, Francia, Germania, Belgio, Spagna, prima del Regno Unito, Danimarca e Irlanda.
"Si tratta - ha osservato Luigi Rossi di Montelera, Presidente di Federalimentare - di una situazione di affaticamento per il nostro export. L'ottima performance di prodotti quali i formaggi, dolci, pasta, vino, salumi e insaccati, rappresenta in realtà una 'tenuta' di posizioni acquisite in anni passati. Paesi come la Francia, la Spagna, l'Australia, il Belgio e l'Olanda insidiano sempre più da vicino i nostri primati, anche se lo studio dimostra che lì dove la nostra specializzazione è maggiore, meno numerosi e agguerriti sono i concorrenti".
Complessivamente il settore agroalimentare rimane il secondo comparto più importante del manifatturiero italiano. Un aspetto non da poco. A trainare il settore, secondo alcuni dati Federalimentare resi noti recentemente, sono principalmente il comparto latteario caseario (14,1 miliardi di euro), il dolciario (11,2 miliardi), il vinicolo (7,2 miliardi) e la trasformazione della carne (7,5 miliardi). Sul fronte della domanda estera buone performance le hanno spuntate l’ ittico, il vino, le acque minerali e la pasta. Tra i mercati esteri sono in forte crescita Russia (+34,5%) e Turchia (+32,5).
Tra gli sbocchi tradizionali come l’Europa bene sono andate Spagna (8,1) e Inghilterra (7,1) mentre Francia e Germania hanno segnato crescite contenute, rispettivamente 1,1 e 1,9%. Per il prossimo futuro, secondo quanto emerso oggi a Parma, l'export agroalimentare complessivo dovrebbe aumentare solo del 5,6% nei prossimi dieci anni. Facendo ritrovare l'Italia, ancora una volta, inchiodata al 15-16% per la quota export sul fatturato totale. Ben distanti, è facile prevederlo, dai diretti concorrenti europei. Sulla base di questo scenario, nel contesto di Cibus 2006, il presidente di Federalimentare, ha rilanciato la propria richiesta al nuovo governo per la "convocazione urgente di una sessione straordinaria del Tavolo Agroalimentare, per dei veri e propri "Stati generali delle filiere agroalimentari" che, accantonando l'ipotesi ventilata di un nuovo ministero dell'alimentazione, avvii un piano di rilancio della competitività dell'industria alimentare sui mercati internazionali”.
Massima attenzione è richiesta anche verso l’ agropirateria, il falso made in Italy sulle tavole vale infatti 56 miliardi di euro, circa 4 volte il valore dell’export italiano. Per Luca Cordero di Montezemolo sono 4 le priorità che l’agroalimentare italiano deve affrontare. La prima riguarda "purtroppo - ha spiegato - gran parte della nostra realtà imprenditoriale", e concerne in particolare il fronte della dimensione.
"Noi - ha detto a margine dell'inaugurazione del Cibus - abbiamo aziende troppo piccole che debbono crescere. Serve invece che queste avviino processi di fusione, facendo massa soprattutto per i mercati più lontani". La seconda e la terza priorità, ha aggiunto, riguardano rispettivamente "la promozione e la comunicazione", aspetto quest'ultimo "legato troppo spesso alla realtà delle piccole imprese, che non riescono da sole ad attivare segnali utili su tanti mercati, che non sono solo la Germania e la Francia, ma quelli mondiali tout court". La quarta esortazione lanciata dal presidente di Confindustria ha riguardato infine il tema dell'internazionalizzazione. "Anche lì - ha osservato - serve andare insieme facendo sistema".
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