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ALLARME FEDERVINI

Cina, le Dogane verso un nuovo provvedimento per chi esporta alimentari e vino dall’estero

Dopo la minaccia di nuovi dazi Usa e le prospettive funeste legate alla Brexit, l’ipotesi di un pantano burocratico spaventa il vino italiano
BUROCRAZIA, CINA, DOGANE CINESI, EXPORT, vino, Mondo
Il presidente cinese Xi Jinping

Non si prospetta un 2020 semplice per il mondo del vino italiano ed europeo, perché se negli Stati Uniti la spada di Damocle di nuovi dazi, questa volta del 100%, su qualsiasi tipo di produzione enoica importata dall’Unione Europea, minaccia di tagliare le gambe sul primo mercato di sbocco del vino comunitario, e con la Gran Bretagna ci saranno da ricostruire relazioni ed accordi commerciali e politici, un ulteriore ostacolo, come se ce ne fosse bisogno, arriva dalla Cina, dove il Governo, attraverso l’amministrazione Generale cinese delle Dogane (Gacc), ha aperto una consultazione pubblica su una bozza di provvedimento che riguarda la registrazione dei produttori che esportano prodotti alimentari, incluse le bevande alcoliche, verso la Cina.

Una bozza di provvedimento piuttosto articolata e complessa, sintetizzata da Federvini in cinque punti.
Prima di tutto, affida al Gacc il compito di gestire le registrazioni e di effettuare i controlli sia sui prodotti che sui produttori in ossequio alle leggi cinesi sulla tutela della sicurezza alimentare. Inoltre, le aziende che intendono esportare in Cina, devono presentare domanda anche alle Autorità competenti dove hanno sede; sono richiesti dal Gacc numerosi documenti che certifichino lo stato igienico sanitario degli impianti di produzione nonché la salubrità dei prodotti destinati al mercato cinese ovvero che siano in sintonia con le normative cinesi di riferimento; una volta espletate tutte le procedure e rispettati gli obblighi di legge, l’Amministrazione cinese Gacc provvede alla registrazione, che ha una validità di 5 anni e notifica l’atto all’Autorità competente del paese dove ha sede l’azienda; il Gacc ha la facoltà di sospendere le importazioni in determinati casi, ad esempio, ove il prodotto non risultasse conforme alle norme cinesi, durante un’ispezione; l’importatore cinese può attivare degli Audit presso i produttori esteri attraverso il coinvolgimento di agenzie abilitate secondo la normativa cinese.

Tanta nuova burocrazia, che non fa che aggiungere ulteriori criticità in un mercato di per sé complesso, perché il provvedimento introduce dei vincoli amministrativi rilevanti, che possono condizionare la buona riuscita della registrazione, e dalla delegazione europea a Pechino, che qualche giorno fa ha incontrato i rappresentanti diplomatici europei, è stato evidenziato anche come diverse disposizioni risultino poco chiare. L’Aqsiq, l’amministrazione cinese preposta al controllo della qualità, l’ispezione e la quarantena dei prodotti alimentari, incluse le bevande alcoliche, e la Cffi, il Centro cinese sugli standard relativi ai prodotti alimentari e all’industria della fermentazione, hanno emanato inoltre uno standard congiunto relativo alla classificazione delle bevande alcoliche, recentemente rivisto e che sarà soggetto ad una consultazione pubblica nel 2020. Ed anche questa bozza di legge desta preoccupazioni, perché contiene disposizioni non allineate alla normativa europea e non in sintonia con altri standard cinesi.

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