L’ipotesi, annunciata al Salone del Vino di Torino dal presidente dell’Enoteca Regionale del Piemonte Garrone e fatta propria dal sottosegretario all’Agricoltura Teresio Delfino, di creare una nuova Enoteca Italia “desta stupore per il metodo e perplessità per il merito”. Le Città del Vino, nella persona del suo presidente Paolo Saturnini (nonché sindaco di Greve in Chianti, ndr), non hanno dubbi: “il momento per fare questa proposta è sicuramente sbagliato: il successo del vino italiano all’estero con lo storico risultato nell’export (il prodotto imbottigliato venduto supera quello sfuso), la particolarità del sistema promo-commerciale della nostra filiera vitivinicola che si differenzia enormemente da quella degli altri Paesi del vino, come la Francia e la Spagna, per le sue particolarità, ed altri fattori ancora come il turismo del vino, per esempio, che si sta sempre più affermando ponendo questioni strategiche come l’organizzazione di mercati locali più efficaci, sono temi che avrebbero meritato più attenzione e linee guida per una riflessione più approfondita”. Saturnini, a nome delle Città del Vino, spiega anche che “nel mentre sono cambiate le coordinate dell’universo del vino, e che quindi può essere giusto pensare anche ad un rinnovamento e ad un adeguamento, anche territoriale, degli strumenti di rappresentazione e di promozione dei vini italiani”, si interroga poi sul fatto se serve o meno “uno strumento nuovo” e “ se può bastare in tal senso seppellirne un altro?”. Insomma, per Saturnini, “dato che non ci è dato conoscere le ragioni che stanno dietro all’ipotesi avanzata dal sottosegretario Delfino”, è assurdo “aprire una guerra tra Siena e Torino, tra Toscana e Piemonte, in questo momento sarebbe deleterio per l’immagine del vino italiano. Oggi, di fronte alle nuove sfide del mercato e di fronte alle nubi che, dopo l’11 settembre, si affacciano all’orizzonte, c’è bisogno di serrare i ranghi, di presentarsi uniti al nastro di partenza, e alla luce di tutto questo occorrono ragionamenti seri. E questo vale per tutti, per i produttori, per le istituzioni, per i Comuni, le Regioni, per il Governo nazionale”. Da qui, la proposta delle Città del Vino di “aprire una riflessione rapida, che affronti i temi reali della promozione e della commercializzazione, delle risorse necessarie per sostenere e rilanciare la filiera del vino italiano e quanto altro si sta movendo intorno al vino. Ovvero una sorta di “Stati Generali del vino”, in cui confrontarsi e definire gli indirizzi per il futuro. Ad un progetto di questo tipo non mancherebbe certo l’appoggio delle Città del Vino”.
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