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CNR: DAL DNA DEL TARTUFO BIANCO LA CERTEZZA DELLA SUA ORIGINE TERRITORIALE. ARRIVA L'ARMA PER DIFENDERE GLI APPASSIONATI DALLE FRODI

Come per i dubbi sulla paternità, l'esame del Dna verrà presto utilizzato per identificare, con certezza, l'origine territoriale del tartufo bianco. Arrivano dal mondo scientifico un possibile freno al mercato nero, e una indiretta conferma delle proprietà afrodisiache del rinomato alimento. Un marcatore in grado di distinguere il bianco della Basilicata, ma anche quelli campani e molisani, dagli esemplari piemontesi è stato messo a punto a Perugia dall'Istituto di Genetica Vegetale del Cnr.
"Abbiamo avviato una ricerca molecolare di differenziazione tartufigena a livello geografico - ha detto il direttore dell'istituto Sergio Arcioni - col risultato della verifica della sussistenza di una grande variabilità genetica tra i diversi esemplari in laboratorio".
Infatti, dalla ricerca molecolare con otto microsatelliti e dalle successive analisi statistiche sono risultati distinguibili abbastanza bene - ha continuato il direttore dell'istituto di Genetica vegetale - soprattutto i campioni provenienti da Basilicata, Campania e Molise che hanno perso un pezzo di Dna ed è proprio questo il loro elemento caratterizzante. Ciò semplifica di molto la differenziazione dagli esemplari di bianco del Piemonte mentre utilizzando altri microsatelliti saremo presto in grado di fornire l'identikit del tartufo dell'Italia centrale, con una esatta fotografia della struttura genetica sia del tartufo bianco che dei neri e degli scorzoni. Già da ora comunque, possiamo consigliare ai trifolaux di impiantare tartufi tipici della zona nelle nuove tartufaie per conservare la biodiversità, mantenendo integre le diverse strutture genetiche".
Il "diamante bianco" resta riproducibile solo in natura e non in vitro. Ma gli esperti del Cnr hanno svelato il mistero della sua riproduzione. "Prima si pensava - ha detto Arcioni - che per i tartufi, come per il grano, ci fosse autofecondazione mentre ora pensiamo a un sistema a incrocio. I nostri studi hanno verificato che il tessuto dei tartufi è aploide, ha quindi cellule germinali mature con cromosomi simili ai gameti, le cellule-uova e lo sperma umano. La successione di due divisioni del nucleo nelle cellule germinali avviene pertanto a monte. Inoltre alla riproduzione di cellule figlie contribuisce anche la parte interna e non solo le spore".
L'istituto di Perugia è l'unico centro di ricerca in Italia a studiare la biologia molecolare del tartufo, sia commestibile che non. A caratterizzare le ricerche del Cnr è l'esclusivo utilizzo di primers, segmenti di Dna amplificabili e complementari alla specie indagata.

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