02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

Coldiretti da “Slow Fish”: dal pangasio del Mekong spacciato come cernia alla lenguata senegalese come sogliola, 2 pesci su 3 in Italia sono esteri, “con il rischio di esser spacciati per made in Italy”. L’allarme: “da domani finisce il pesce in Ue”

“Più di due pesci su tre consumati in Italia provengono dall’estero con il rischio evidente che venga spacciato come made in Italy pesce importato, anche perché al ristorante non è obbligatorio indicare la provenienza”. Lo denuncia la Coldiretti Impresapesca dall’incontro “Le frodi: dal mare alla tavola” promosso a “Slow Fish”, l’evento di Slow Food al Porto Antico di Genova, e dove ha costituito il Comitato scientifico Ambiente mare e acque interne, presieduto dal professor Silvio Greco, per promuovere un più adeguato dibattito sulla tutela delle risorse biologiche al fine di assicurare il disciplinato esercizio della pesca. Dal pangasio del Mekong venduto come cernia al filetto di brosme spacciato per baccalà, fino all’halibut o la lenguata senegalese commercializzati come sogliola, “la frode - dice Coldiretti - è in agguato sui banchi di vendita dove vige l’obbligo dell’etichetta d’origine, ma soprattutto al ristorante dove la provenienza di quanto si porta in tavola non deve essere indicata”. Nel 2014 sono stati importati in Italia oltre 731 milioni di chili di pesci e crostacei, molluschi e altri invertebrati acquatici con un aumento del 4% sul 2013. Da quest’anno è più facile riconoscere il pesce italiano dall’etichetta grazie all’entrata in vigore dei nuovi regolamenti comunitari il 23 dicembre del 2014 con norme relative all’etichettatura per la messa in commercio dei prodotti ittici (Reg. UE n. 1379/2013) e quelle sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (Reg. UE 1169/2011).
Tra i trucchi nel piatto più diffusi ci sono anche, continua la Coldiretti, il polpo del Vietnam spacciato per nostrano, lo squalo smeriglio venduto come pesce spada, il pesce ghiaccio al posto del bianchetto, il pagro invece del dentice rosa o le vongole turche e i gamberetti di Cina, Argentina o Vietnam, dove peraltro è permesso un trattamento con antibiotici che in Europa sono vietatissime in quanto pericolosi per la salute. “Coldiretti Impresapesca è impegnata per garantire la trasparenza dell’informazione ai consumatori dal mare alla tavola anche con progetti che riguardano la ristorazione, dove si sta diffondendo la “carta del pesce” per distinguere il prodotto made in Italy, mentre enormi passi in avanti sono stati fatti sull’etichettatura nei banchi di vendita”, spiega il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio di Coldiretti Impresapesca è, laddove possibile, di acquistare direttamente dal pescatore o, se da un’attività commerciale, di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Nelle etichette sarà indicata, inoltre, la tecnica di pesca (rete, nasse, strascico, lampara, ecc.) e, su base volontaria, la provenienza esatta di pesci, molluschi e crostacei. Novità anche per quanto riguarda le informazioni sul pesce congelato, con l’obbligo di indicata la data di congelamento. Nel caso di prodotti ittici congelati prima della vendita e successivamente venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione “decongelato”. I prodotti che possono sembrare costituiti da un unico pezzo di pesce, spiega Coldiretti Impresapesca, ma che in realtà sono frutto dell’unione di diverse parti attuata grazie ad altri ingredienti (tra cui additivi ed enzimi alimentari oppure mediante sistemi diversi), dovranno recare l’indicazione “pesce ricomposto”. Le maggiori incombenze per i pescatori, conclude Coldiretti, si traducono in maggiori garanzie di identità del pescato o allevato nazionale che consente ai consumatori di fare scelte di acquisto piu’ consapevoli in grado di riconoscere e premiare il pesce tricolore.

Focus - Coldiretti: “ecco il falso pesce made in Italy”
Nome vero del prodotto, spacciato per:
Pangasio del Mekong, cernia
Halibut, sogliola
Squalo smeriglio, pesce spada
Filetto di Brosme, baccalà
Pesce ghiaccio, bianchetto
Pagro, dentice rosa
Vongole turche
Gamberetti cinesi
Fonte: elaborazione Coldiretti Impresa Pesca

Focus - L’allarme di Coldiretti: “domani finisce il pesce nei mari d’Europa, ed inizia la dipendenza dalle importazioni”. Il Portogallo è il primo consumatore (56 kg a testa all’anno)
Dal 15 maggio 2015 nell’Unione Europea finisce la disponibilità di pescato ed è necessario ricorrere alle importazioni. È l’allarme lanciato da Coldiretti Impresapesca, sulla base del rapporto della New Economics Foundation per il calcolo del “Fish dependence day 2015”, cioè il giorno in cui l’Europa inizia a essere dipendente dalle importazioni per coprire il proprio fabbisogno di pesce, da “Slow Fish”, l’evento di Slow Food al Porto Antico di Genova. Uno scenario che dimostra il ridotto grado di autosufficienza dell’Europa per il pescato quest’anno in Europa. “L’ultimo pesce dell’Unione Europea è stato messo in vendita direttamente sulle barche nel primo mercato ittico galleggiante di Campagna Amica, realizzato nella banchina della Darsena di Genova” dalla Coldiretti.
Dal punto di vista produttivo l’Italia garantisce circa il 13% del totale europeo, che è pari a 1,27 milioni di tonnellate di pesce ed è del tutto insufficiente a coprire il fabbisogno. In media in Europa si consumano, infatti, 23 chili di pesce per persona all’anno, che salgono a 25 chili in Italia, un valore pari a meno della metà del Portogallo che con 56 chili a testa è leader in Europa, ma cinque volte in più dell’Ungheria che non dispone di sbocchi sul mare ed è in fondo alla classifica con poco più di 5 chili. Negli ultimi 15 anni il grado di autoapprovvigionamento dell’Italia è andato progressivamente deteriorandosi da circa il 50% del 1990 a meno del 30% stimato nel 2015. Una situazione preoccupante tanto che il pescato in Italia sarebbe finito già da due mesi secondo i calcoli del “Fish Dependence 2015 Update”.
La riduzione del grado di approvvigionamento è il risultato dell’effetto congiunto del calo del pescato e dell’aumento degli acquisti familiari, che in valore nel 2015 sono aumentati del 4,9% con punte del 16,6% per le sardine secondo le elaborazioni Coldiretti Impresapesca su dati Ismea relativi ai primi 11 mesi. Per aumentare il grado di autoapprovvigionamento sul pescato che negli ultimi anni si e ridotto drasticamente occorre, sostiene la Coldiretti, da un lato lavorare sulla concorrenza sleale del pesce straniero spacciato per italiano e su una maggiore informazione ai consumatori, e dall’altro lavorare per una migliore gestione del patrimonio ittico con la ricostituzione degli stock di pesce nel Mediterraneo anche con accordi con Paesi terzi.
“Il pesce rappresenta oggi un alimento sano e ricercato per le proprietà nutrizionali che va tutelato dalle violazioni frequenti delle norme relative alla cattura, alla conservazione ed alla messa in commercio le quali provocano incalcolabili danni e ecosistemi, turbamento del funzionamento del mercato e pregiudizio dagli interessi dei pescatori e dei consumatori”, sottolinea il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli