“Chiunque sia entrato in una mensa scolastica conosce bene quanto sia grave la situazione sul fronte dello spreco alimentare anche se non esistono dati ufficiali al riguardo. La ristorazione scolastica non è normata da nessun Lep (livello essenziale delle prestazioni) e ogni singolo Comune italiano stabilisce singolarmente il modo in cui assicurare il servizio agli alunni. Nella maggior parte dei casi, il servizio viene appaltato esternamente e, non di rado, l’assegnazione avviene tramite bandi che finiscono per premiare chi presenta preventivi al ribasso. Due milioni di pasti vengono serviti quotidianamente nelle scuole italiane, soprattutto in quelle dell’infanzia (3-6 anni) e nelle primarie (fino agli undici anni)”. A dirlo, nella Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, oggi, 5 febbraio, è Slow Food Italia, che accende un riflettore sul cibo che viene buttato via nelle mense scolastiche, proprio nel luogo che più di ogni altro è deputato all’istruzione e all’educazione, e che, nei mesi scorsi, ha lanciato l’appello per l’inserimento dell’educazione alimentare nelle scuole, esortando tutti i soggetti coinvolti nella filiera della ristorazione scolastica, a partire dal Ministero dell’Istruzione e dagli enti locali incaricati di assicurare il servizio mensa, ad attivarsi per ridurre gli sprechi alimentari nelle scuole.
Cambiare radicalmente approccio è possibile, come dimostrato dall’esempio di Qualità & Servizi, società pubblica di proprietà di sette Comuni toscani che un tempo adottava un modello ristorazione scolastica di tipo semi-industriale e che, in pochi anni, scegliendo di rifornirsi di materie prime locali, monitorando attentamente gli sprechi e tarando i propri menù sulla base delle informazioni raccolte, è riuscita a far entrare le proprie mense scolastiche nell’Alleanza Slow Food dei Cuochi, raccogliendo unanimi consensi per la propria attività. Oltre che possibile, un cambiamento di rotta è altresì necessario, tanto che lo stesso Ministero dell’Istruzione, in una circolare del 2019, ha messo nero su bianco che il pasto a scuola rientra “inequivocabilmente” tra le attività formative.
Ma se l’educazione alimentare, nelle scuole italiane, e non solo può svolgere un ruolo fondamentale nella lotta contro lo spreco alimentare, in quella parte di mondo in cui il cibo abbonda, la lotta allo spreco diventata un dovere morale pensando anche che nel 2025 c’è chi, ancora, soffre la fame. Secondo il Global Report on Food Crises 2024 realizzato e diffuso dal Food Security Information Network, i conflitti, le condizioni meteorologiche estreme dovute ai cambiamenti climatici e gli shock economici sono stati i principali fattori scatenanti delle dieci crisi alimentari più gravi al mondo.
Tuttavia, è fondamentale agire anche sulla riduzione degli sprechi lungo la filiera alimentare. In Italia, per esempio, “ogni anno si sprecano 4,5 milioni di tonnellate di cibo, aggravando il quadro della povertà alimentare nel nostro Paese”, afferma Simone Garroni, dg Azione Contro la Fame, un’organizzazione attiva in Italia dal 2014, oggi leader nella lotta alla fame e alla malnutrizione nel mondo che aiuta i bambini malnutriti, fornisce alle comunità l’accesso all’acqua potabile e garantisce soluzioni sostenibili e di lungo periodo alla piaga della fame. “Affrontare un problema complesso come quello della povertà alimentare richiede un’azione congiunta immediata. Oggi, a livello globale, una persona su undici non ha accesso regolare a pasti equilibrati. Un ulteriore campanello di allarme proviene dalle quasi 600 milioni di persone che, entro il 2030, si troveranno ad affrontare la fame: a quindici anni dalla definizione dell’obiettivo “Fame Zero”, dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il risultato è lungi dall’essere raggiunto”, conclude Garroni.
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