All’interno di un modello di business molto complesso come quello ristorativo, il vino è da sempre considerato l’elemento più “sicuro”, in quanto prodotto finito che non richiede manipolazione, dal servizio veloce e dal margine certo. Ciò ha determinato l’assenza di preoccupazione e urgenza, riservate ad altri aspetti come la gestione degli alimenti, quella del personale, l’incremento dei volumi e, dunque, l’assenza di letteratura ad hoc sulla gestione della cantina nell’ambito della ristorazione. I vini, tuttavia, comportano rischi tutt’altro che trascurabili, che si manifestano lentamente e quando sono già in fase di evidente criticità. Proprio alla gestione del vino al ristorante è dedicato il libro “In Vino Business” di Giovanni Di Tomaso, che mette insieme alcuni importanti consigli. A partire dalla formazione del personale di sala, ovvero camerieri e sommelier, che sono i principali responsabili della vendita del vino.
Dopo aver progettato la carta dei vini in ogni dettaglio, fissato i prezzi iniziali, acquistato il giusto volume di scorte, fatto del sano marketing, rimodulato prezzi e scorte in base alle analisi di performance, i risultati di tutto il lavoro dell’intero ciclo saranno nelle mani dei venditori in sala, afferma Di Tomaso. Camerieri e sommelier hanno infatti il potere di concretizzare quanto progettato, oppure di vanificarlo. Normalmente, le tecniche classiche della “Vendita Suggestiva” puntano a obiettivi sia di up-selling, consigliando l’acquisto di prodotti più costosi, che di cross-selling, suggerendo acquisti inizialmente non considerati dal cliente. Nel primo caso, ad esempio, proponendo un’etichetta con un prezzo più alto rispetto a una più economica e, nel secondo caso, proponendo un calice in più per l’aperitivo, oltre al calice già ordinato per il pasto. Le tecniche del metodo proposto da Giovanni Di Tomaso, invece, sono più sfaccettate e puntano a obiettivi diversi: anziché a vendere di più, a vendere meglio.
A che servirebbe aumentare il fatturato o la spesa media per ospite se non si generassero maggiori utili e fidelizzazione? Gli obiettivi del Wine Suggestive Selling, infatti, sono l’incremento dei risultati economici, la piena soddisfazione degli ospiti (aumento di rating, di ospiti fidelizzati e di frequenza visite fidelizzati), la crescita motivazione del personale (riduzione del turnover del personale, crescita professionale). Per assicurarsi il pieno raggiungimento dei tre ambiziosi obiettivi la parola-mantra da seguire è “formazione”. Prima ancora che sulle tecniche specifiche bisogna concentrarsi sugli elementi preparatori e che aiutano i camerieri a diventare e sentirsi venditori. Gli elementi capaci di generare fiducia nel venditore sono molteplici, ma tra i tanti ci si focalizza su coerenza, conoscenza e corrispondenza tra promesse e risultati
La coerenza a cui si fa riferimento, e che va assicurata e mai tradita, è quella dei venditori con l’ambiente in cui opera, con il marchio di riferimento e con il proprio ruolo. Così come un cameriere stanco, sudato e fisicamente provato risulterà poco coerente in qualsiasi ambiente minimamente curato, anche un maître ingessato, vestito di tutto punto, farfallino incluso, non è proponibile in un locale molto casual, perché potrebbe mettere addirittura in soggezione gli avventori che si aspettano un ambiente informale e rilassato. La conoscenza fa riferimento a più elementi, ad esempio a ciò che si vende, alla gestione del cliente, alla missione aziendale, alle procedure operative in uso, fino alle tecniche di vendita suggestiva. Tuttavia, l’approccio alla conoscenza dei vini non può esulare dalle degustazioni di tali prodotti. Purtroppo, è impensabile che ogni cameriere abbia assaggiato tutte le etichette in lista, specialmente là dove i vini si contano nell’ordine di centinaia o più. Tuttavia, l’attività è da proporre ogni qualvolta ce ne sia la possibilità. La corrispondenza tra promesse e risultati ricorda che la fiducia inizialmente conquistata andrà consolidata nel tempo, grazie a suggerimenti che risultano graditi al cliente.
In generale la formazione va strutturata in un percorso fatto di workshop a cui partecipa l’intero team di sala: durante questo momento ciclico (da attivare almeno una volta al mese) si discute e si scelgono gruppi di etichette (diverse per tipologia e prezzo) da proporre per ogni ricetta. La presenza di più esperti ovviamente gioverà ai risultati che si otterranno, così come la riflessione sui feedback ricevuti in sala direttamente dalla clientela, oltre che le informazioni anche sui margini e i livelli inventariali delle etichette.
La formazione va orientata anche alla gestione del cliente e, dunque, alle tecniche di Suggestive Selling. L’idea proposta da Di Tomaso è quella di usare alcune tecniche specifiche non per manipolare il cliente, ma per guidarlo o, appunto, suggestionarlo. Inoltre, il Suggestive selling ben si “abbina” alla vendita dei vini per via dei tanti argomenti suggestivi di cui il prodotto vino è ricco. Ma cosa significa nella realtà? Sia quando il suggerimento è richiesto ma anche quando non lo è, l’operatore può utilizzare le tecniche di vendita suggestiva per impreziosire e mettere in evidenza un’etichetta su tutte le altre e invogliare il cliente alla sua scelta. Ma questo non è manipolare?
Se si suggerisce un vino Y perché si considera capace di portare un beneficio sia al cliente che all’azienda, il suggerimento è virtuoso, e rende tutti felici. Ma se il suggerimento esclude l’etichetta migliore per l’abbinamento, perché ad esempio poco remunerativa, allora si, il cliente viene manipolato (gli si è tenuta nascosta l’opzione per lui più vantaggiosa). Dunque, si tuteli prima l’ospite e poi l’azienda. Anche perché, si può ingannare la clientela un paio di volte, ma poi si finirà per perderla.
In tutti i casi, la fidelizzazione è sempre da preferire al vantaggio economico di una singola vendita. L’azienda o l’operatore che non persegue questo principio finisce per boicottarsi. Le tecniche di Suggestive Selling da proporre sono tante e si attivano con un linguaggio molto semplice: “è il mio vino preferito”, “l’ho provato ieri, fantastico”, “le verso un assaggio?”, “secondo Robert Parker questo è il miglior vino dell’anno”, giusto per citare alcuni esempi di tecniche conosciute come quelle della “Self-experience”, del “Fare assaggiare” e “Dell’autorevolezza”. Ma ne esistono di più evolute e sofisticate. Tra queste, Di Tomaso condivide quelle più note e diffuse ma spesso mal interpretate. Innanzitutto, la tecnica Fomo. Letteralmente le iniziali stanno per Fear of Missing Out. Tradotto: paura di perdersi qualcosa di importante. Un esempio ricorrente ma poco opportuno è il seguente: “ne sono rimaste solo due bottiglie, oggi è andato a ruba”. Qualsiasi elemento che indica scarsità o urgenza favorisce la vendita suggestiva. Tuttavia, mettere fretta al cliente può compromettere la qualità dell’esperienza. La tecnica Fomo va usata con cautela, facendo leva piuttosto sul senso di opportunità. Ad esempio, stesso scenario, ma più opportuno: “Di questa etichetta, anche se spesso introvabile, cerchiamo sempre di averne almeno due bottiglie”. La realtà è identica, ma cambia la sensazione che resta al cliente, il senso di urgenza è sostituito da quello di opportunità: ottenere qualcosa di raro. Nel primo caso, infatti, l’impressione è che il ristorante si sia trovato impreparato. Nel secondo caso, invece, il cliente percepisce che il ristorante si prepara al meglio e fa di tutto per garantire i suoi prodotti migliori.
Una tecnica utile e interessante è quella del gioco di ruolo: l’intero team osserva un cameriere nel ruolo di cliente, che finge di ordinare dai menu realmente in uso, e un cameriere nel ruolo di cameriere che è tenuto a suggerire ciò che conviene di
più sia a quell’ospite che all’azienda, mediante l’uso delle tecniche di Suggestive Selling impartite. Al termine di ogni roleplay, l’intero team partecipa alla discussione che ne segue. Ancora, ogni operatore dovrà capire con quali tecniche si sente più a proprio agio per preferirle a quelle che lo mettono a disagio.
Per garantire la crescita professionale di tutti gli operatori coinvolti, questi vanno motivati a studiare e a impegnarsi di più: padroneggiare le tecniche e il metodo proposto, infatti, è tutt’altro che semplice e immediato.
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