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MERCATI MONDIALI

Con i superdazi di Trump trema il made in Italy agroalimentare. Coldiretti: “calo vendite del 20%”

Federvini: “per i liquori italiani colpite soprattutto le Pmi”. Bertinelli (Parmigiano): “è una guerra alla Ig europee da parte dei formaggi Usa”
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La Statua della Libertà che accoglieva in migranti in Usa, dove da oggi scattano i superdazi

Il caso dei superdazi di Trump continua a tenere banco. Con il settore dell’agroalimentare che non nasconde la propria preoccupazione per il futuro del settore. Coldiretti prevede un calo del 20% delle vendite dei prodotti agroalimentari, effetto stimato per l’entrata in vigore delle nuove tariffe sui prodotti europei, fino a 7,5 miliardi a partire dalla mattina di oggi, 18 ottobre. A “tremare” sono prodotti storici e diffusissimi nelle tavole di tutto il mondo, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano al gorgonzola, ma anche salumi, agrumi, succhi e liquori: nella black list degli Usa ci sono beni alimentari per un valore delle esportazioni di mezzo miliardo di euro. Tradotto significa un aumento dei prezzi al consumo e una riduzione degli acquisti da parte dei cittadini e dei ristoratori degli States.
Sul fronte dei liquori, spiega Federvini, sono soprattutto le piccole e medie imprese ad essere colpite dalla scure dei dazi. In Italia almeno un centinaio sono quelle più a rischio per le conseguenze derivanti dai dazi. Mediamente il 20-30% del fatturato delle aziende del settore liquori deriva dall’export verso gli Stati Uniti ed in alcuni casi può raggiungere il 50%, essendo per alcune aziende un mercato di vitale importanza. In quest’ultimo caso si parla di un taglio del fatturato nell’ordine del 15-20%, ma per alcuni si teme un taglio delle esportazioni anche del 35%. Il valore export dei liquori dall’Italia verso gli Usa raggiunge i 163 milioni di dollari (dato delle dogane americane), e l’Italia è il terzo Paese esportatore dopo Francia e Irlanda.

“I liquori italiani si confermano essere il secondo settore, nell’agroalimentare italiano, più colpito dai dazi, dopo il lattiero caseario, con un’incidenza percentuale pari a quasi il 40%. Il settore spirits, nell’ultimo decennio, ha dimostrato un andamento molto dinamico e vocato all’export, con crescita progressiva che nell’ultimo anno ha raggiunto quasi il 45% in valore”, ha dichiarato Micaela Pallini, presidente del Gruppo Spiriti Federvini.

A pagare il conto più salato, con un dazio che passerà da 2,15 a 6 dollari al chilo, con i prezzi al consumo che saliranno da 40 a 45 dollari al chilo, però, come noto, sarà il Parmigiano Reggiano (il 25% dei 117 milioni di euro che graveranno sul comparto, secondo le stime Ice, ossia 29 milioni di euro), che ha incassato il sostegno pieno del Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, che ha inviato a Trump un tweet con una foto di uva e Parmigiano Reggiano, ma anche la vicinanza del presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini che, con tutta la sua giunta, si è fatto immortalare indossando la t-shirt “Io Sto col Parmigiano”, mentre su Instagram e Facebook migliaia di consumatori hanno testimoniato affetto e solidarietà nei confronti del Parmigiano Reggiano postando immagini accompagnate dall’hashtag #iostocolparmigiano. Un comparto che dà lavoro a 50.000 persone, e che si trova colpito nel suo secondo mercato export, dove ogni anno si vendono oltre 10.000 tonnellate di prodotto.
“Chiediamo l’aiuto e il sostegno del Governo e dell’Unione Europea, sia per riallocare il prodotto che non verrà venduto negli Usa, sia per le spese legali che continuiamo a sostenere per difendere le Dop dagli attacchi delle multinazionali che vogliono mettere le mani sul business dei prodotti a indicazione geografica. Proprio qualche giorno fa - ha sottolineato il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Andrea Bertinelli - un documento della National Milk Producers Federation (l’Associazione dei produttori di latte che produce più dei due terzi del latte americano) ha reso esplicita la volontà del Governo Americano di fare guerra alle indicazioni Geografiche Europee. È chiaro per quale motivo nell’elenco dei prodotti soggetti a dazio aggiuntivo del 25% ci siano solo determinate indicazioni geografiche italiane, come il Parmigiano Reggiano. I dazi non sono altro che una ripicca perché l’Europa tutela le Dop registrate: i formaggi americani (come il Parmesan, ma anche l’Asiago o il Gorgonzola, la Fontina made in Usa) non possono pertanto entrare all’interno dell’Unione Europea. Le pretese del Governo americano sono assurde: noi non permetteremo mai agli americani di vendere il Parmesan in Europa. Altrimenti, non saranno solo le aziende italiane a subire un danno, ma i consumatori stranieri che vengono ingannati, perché acquistano un fake nella convinzione di acquistare il vero Parmigiano Reggiano”.
A beneficiare della situazione, ricorda ancora una volta la Coldiretti, “è la lobby dell’industria casearia Usa (Ccfn) che ha esplicitamente chiesto con una lettera di imporre tasse alle importazioni di formaggi europei al fine di favorire l’industria del falso Made in Italy e costringere l’Unione Europea ad aprire le frontiere ai tarocchi a stelle e strisce. Le brutte copie dei prodotti caseari nazionali hanno avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni raggiungendo complessivamente i 2,5 miliardi di chili ed è realizzata per quasi i 2/3 in Wisconsin e California mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto”.

In termine quantitativi nella speciale classifica che danneggia i veri produttori del made in Italy c’è la mozzarella con 1,97 miliardi di chili all’anno seguita dal Parmesan con 192 milioni di chili e poi Provolone con 181 milioni di chili, ricotta con 113 milioni di chili e dal Romano con 25 milioni di chili realizzato però senza latte di pecora. Questo secondo l’analisi della Coldiretti su dati Usda, il Dipartimento dell’agricoltura statunitense.

Se l’Italia piange la Francia non ride. Il suo danno economico causato dai dazi Usa viene stimato in circa 1 miliardo sempre secondo Coldiretti che cita anche nazioni come Spagna, Gran Bretagna e Germania le cui eccellenze non sarebbero risparmiate da queste misure. “Ora si apre il negoziato - afferma il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - in attesa della sentenza del Wto sui sussidi americani a Boeing con l’impegno del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump a valutare le rimostranze dell’Italia assunto nell’incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Mentre è importante tenere aperto il canale delle trattative è necessario attivare al più presto aiuti compensativi rafforzando i programmi di promozione dei prodotti agricoli nei paesi terzi e concedendo aiuti agli agricoltori che rischiano di subire gli effetti di una tempesta perfetta tra dazi Usa e Brexit, dopo aver subito fino ad ora una perdita di un miliardo di euro negli ultimi cinque anni a causa dell’embargo totale della Russia”.

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