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“Con la guerra non vendiamo più il vino”: a WineNews l’enologo della cantina Cremisan, a Betlemme

Senza turisti niente mercato, spiega Fadi Batarseh. Ma spunta all’orizzonte una società che distribuirà le loro bottiglie nel Regno Unito

Come si gestisce una cantina sotto le bombe? Prova a spiegarlo a WineNews Fadi Batarseh, enologo-direttore della cantina Cremisan, a Betlemme, al confine tra Israele e Palestina, fondata nel 1885 dai Padri Salesiani, come sogno di pace legato anche al vino. “Lavorare qui è sempre stato difficile - afferma Batarseh (video su WineNews nei prossimi giorni) - ma adesso lo è ancora di più. Con l’inizio della guerra sono spariti i turisti, dunque non c’è più nessuno a comprare il nostro vino”. Ma, in mezzo al buio, spunta un segnale positivo: la società inglese H&K Wine Agencies rappresenterà Cremisan Winery, distribuendo le loro etichette nel Regno Unito.
“Betlemme in tempi normali è una destinazione turistica - afferma Batarseh - e con il conflitto iniziato a ottobre scorso sono completamente cessati gli arrivi. Dunque nessuno lavora più, dagli alberghi ai ristoranti, compresa la cantina di Cremisan, che aveva appunto nei visitatori il suo principale mercato di riferimento”.
A Cremisan, che si trova a 15 chilometri da Gerusalemme, la vigna (poco più di 2 ettari, a cui si aggiungono quelli coltivati nei territori palestinesi dai contadini, che senza vigna correrebbero il rischio di essere confiscati, ndr) è fisicamente divisa tra Israele e Palestina. Qui, anche grazie alla consulenza pro-bono di Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, vengono prodotte etichette con il 95% di uve da varietà autoctone palestinesi. E, fermo restando che le vittime sono la perdita più importante, non si possono dimenticare i danni economici causati dalla guerra. I vini di Cremisan servono infatti, oltre a finanziare la sussistenza della cantina stessa, anche a sostenere i progetti della missione salesiana in Medio Oriente, per i bambini e le scuole di Betlemme e Nazareth. Lo scorso febbraio, l’ultimo mese per cui sono disponibili i dati del Ministero del Turismo di Tel Aviv, sono arrivati il 78% in meno di turisti dello stesso periodo del 2023. La crisi del settore - da cui dipende il 3% del Pil israeliano e 200.000 posti di lavoro - è evidente.
Batarseh, ospite nei giorni scorsi al Convegno di Assonenologi a Cagliari, spiega a WineNews che non è riuscito neanche a portare in Italia i vini per le degustazioni in programma: “le nostre bottiglie sono bloccate da mesi, senza motivo, alla dogana israeliana, e nessuno ci dà delle risposte”. L’enologo rivolge un pensiero anche agli altri produttori palestinesi: “Cremisan è stata la prima cantina della Palestina, ha dato ispirazione e speranza a tutte le altre piccole realtà che sono nate dopo. Se noi soffriamo, figuriamoci loro…”.
Per fortuna a dare un piccolo segnale di speranza ci pensa H&K Wine Agencies, società con base nel Regno Unito, lanciata ufficialmente all’inizio di quest’anno per offrire un servizio di intermediazione alle aziende vinicole. Fondata da Harry Hunt e Michael Karam, concentra il proprio portfolio sulle regioni vinicole che si trovano lungo l’antica rotta commerciale fenicia, con etichette provenienti da Libano (patria di Michael Karam), Creta, Georgia, Siria, Palestina, Cipro, Grecia, Italia meridionale, Malta, Sicilia, Corsica, Nord Africa, Baleari e Spagna mediterranea. Adesso si occuperà anche dei vini di Cremisan, in attesa che la guerra volga al termine.

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