Dalla creazione di una stanza per il compost all’interno di un ristorante stellato, alla valorizzazione degli scarti di cucina, passando per aspetti “sociali” come l’accurata selezione del personale, o il rapporto con i propri fornitori: sono alcune delle declinazioni scelte da esperti, professori e chef per implementare la “sostenibilità dell’alta ristorazione”, su cui ha “aperto una finestra” il Congresso Assoenologi, nella tavola rotonda, guidata dalla giornalista e critica enogastronomica, Fiammetta Fadda.
“La mia riflessione sulla sostenibilità - ha detto la chef stellata e imprenditrice Antonia Klugmann, proprietaria de L’Argine di Dolegna del Collio e futura giudice di MasterChef al posto di Carlo Cracco - è partita da domanda che mi accompagna tutti i giorni: io mi chiedo sempre perché cucino, perché ho aperto un’azienda e cosa mi abbia portato a diventare un imprenditrice a 26 anni e a fare una scelta aziendale proporzionale a questa risposta. Io cucino per l’aspetto creativo legato alla cucina. La mia azienda deve essere sana e non poteva essere in un luogo qualsiasi ma in un luogo di campagna. Ho sempre considerato la sostenibilità da tutti punti vista ambientale, sociale e economica. L’uso di prodotti a Km zero, che è parte di questo processo, dell’orto vicino, è una sorta di conseguenza, non è lo scopo ultimo che è invece quello di cucinare al meglio delle possibilità. E quando un ingrediente è fresco, vicino e controllabile è meglio. L’orto è diventato un pensatoio” e, più in generale, “ormai tutelare il bello che ci circonda è diventato anche questo un compito del ristorante”.
Per lo stellato sicilianoCiccio Sultano, chef del Duomo di Ragusa Ibla, ricercare la sostenibilità vuol dire “anche “fare squadra” con l’ortolano, il produttore di olio, e fornitori, e le mie risorse umane sono il mio staff. Prima che dalle leggi la sostenibilità è garantita dalle persone”.
Yoji Tokuyoshi del Ristorante Tokuyoshi di Sesto San Giovanni (Milano), ha sottolineato che all’interno del suo locale sta realizzando una “stanza dedicata” al compost, probabilmente il primo esempio del genere in Italia.
“C’è una parola giapponese che dice di non sprecare - ha spiegato - questa parola e questa cultura me l’ha insegnata mia nonna e noi la usiamo nella nostra cucina. Recuperiamo tutto per fare, ad esempio una zuppa di benvenuto. Ma non solo. Stiamo, infatti, ristrutturando il ristorante per fare una sala dedicata al compost nell’ottica di un rapporto tra grande città e la campagna. Di quello che scartiamo ne facciamo compost e poi lo diamo indietro ai coltivatori o all’orto urbano”.
Edoardo Grassi del Ceresio7 di Milano, tra i pochi ristoranti italiano posti all’ultimo piano di un grattacielo, ha raccontato la propria esperienza e al sua idea di sostenibilità nel campo della ristorazione. Per Ceresio7, ha spiegato, “siamo partiti da una visione precisa, non ascoltando la città che non voleva ristoranti così in alto. Per rendere sostenibile un’azienda serve una grande visione di come si vuol essere e rappresentare la propria impresa. La città di Milano aveva bisogno di qualcosa di più internazionale, che stimolasse il mercato, e noi abbiamo cominciato con il riportare in alto i milanesi”. La sostenibilità passa poi, ha detto ancora, anche “dalla programmazione, che parte da lontano, e dall’utilizzo risorse umane con un’ottimizzazione del team per renderlo pronto e adatto a tutte le esigenze. Nel mondo della ristorazione non esiste più una brigata con tantissime figure e la scelta dei collaboratori è stata per noi fondamentale, coinvolgendoli in tutti gli aspetti dell’operatività del locale. Muoviamo il personale a seconda delle esigenze del momento. Oggi il ristorante è un’azienda a tutti gli effetti”.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024