Non ricordategli il periodo in cui il fiasco era rivestito di orribile plastica: Giovanni Bartolozzi potrebbe perdere il buonumore. Il contenitore panciuto di vetro e paglia (o meglio stiancia, come si dice in Toscana) è per lui oggetto di tale amore da aver fondato in sua difesa il Consorzio del Fiasco Toscano (tel. 0571/7551), con sede a Montelupo Fiorentino. Scopo dell’associazione è restituire al fiasco la sua dignità, appannata negli ultimi decenni, riscoprendone la storia e le qualità artigianali.
Nato nel 1996, il Consorzio ha come soci, oltre a Giovanni Bartolozzi, la Banfi srl di Montalcino, la Casavinicola Luigi Cecchi & Figli di Castellina in Chianti, il Gruppo Italiano Vini, la Vetreria Etrusca e la Vetruria di Montelupo Fiorentino. Il rilancio del fiasco parte da un rinnovamento dell’immagine: il contenitore del Duemila è stato sottoposto ad un’accurata operazione di restyling, e sarà proposto nelle versioni da 0,750 e da un litro e mezzo, garantite da un marchio rilasciato dal Consorzio del Fiasco.
Parlando con Bartolozzi si capisce che la sua è soprattutto una questione affettiva, un’iniziativa a difesa di una pagina minore della nostra storia, fatta da tanti uomini e donne che hanno lavorato duramente e troppo in fretta sono stati dimenticati. Bartolozzi rammenta con orgoglio la madre fiascaia, e si scalda al pensiero dei danni inferti all’immagine del fiasco da parte di quelle aziende che negli anni Sessanta lo destinarono a contenitore di vino scadente. Una svalutazione che continua ancora adesso. «Ci sono trattorie a Firenze in cui ai turisti viene servito il vino in fiaschi riutilizzati 20, 30 volte: una situazione vergognosa, contenitori indecenti, che non vengono mai lavati. Ecco come ci presentiamo di fronte a chi arriva nella nostra regione. Cosa fanno le autorità? Nessuno interviene. E dire che il fiasco non potrebbe, per legge, essere riutilizzato. Ha ragione un mio amico francese quando dice “voi toscani siete maestri nel distruggere quello che gli altri vi invidiano”».
Per Bartolozzi l’unica strada percorribile per riabilitare il fiasco è quella di una corretta informazione. «C’è molta ignoranza in giro, per esempio chi sa che esiste una legge, risalente al 1965, che prescrive per il fiasco (unico caso al mondo) l’obbligo di contenere solo vino Docg ? Il fiasco è stato il motivo del successo del Chianti a livello internazionale: non ce lo dimentichiamo. E questo successo lo dobbiamo anche a tutti gli emigranti che hanno diffuso le nostre tradizioni fuori dai confini dell’Italia. Il vino, la pasta, la pizza, la musica popolare: invece di deridere questo nostro passato umile dobbiamo raccontarlo e valorizzarlo, perché ci ha consentito di costruire la fortuna di oggi ».
Ma Bartolozzi non si ferma qui. Ha scritto un libro, avvincente come un romanzo, che narra dell’antico mestiere di impagliare i fiaschi: Fiorenzo e Gigliola. Storia di una fiascaia (pubblicato da Giunti). Ha voluto persino un Monumento alla fiascaia, realizzato in bronzo, che sarà collocato nel futuro Museo del fiasco toscano. In via di allestimento nella torre medioevale di Montelupo Fiorentino, sarà pronto nell’estate del 2002 per raccontare la storia di questo piccolo ambasciatore di vetro, che dalla Toscana è partito per fare il giro del mondo.
Eleonora Ciolfi
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