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CONSUMI: NEL 2006 E’ BOOM PER IL LATTE FRESCO A TAVOLA (+ 5%). GLI ITALIANI HANNO SPESO QUASI 1,7 MILIARDI DI EURO

Dopo anni si inverte la tendenza e nel 2006 aumentano del 5% in quantità i consumi familiari di latte fresco che fa segnare il più elevato tasso di crescita tra tutti i prodotti alimentari per i quali si registra peraltro complessivamente una riduzione dell’1%: emerge da un'analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea - Ac Nielsen, relativi agli acquisti alimentari delle famiglie nel primi quattro mesi del 2006.
Un boom eclatante che fa seguito ad anni di progressiva riduzione che ha portato gli italiani a spendere per gli acquisti domestici di latte fresco nel 2005 quasi 1,7 miliardi di euro per una quantità di 1,4 milioni di tonnellate che ha praticamente raggiunto quella del latte a UHT lunga conservazione. Un risultato che si è realizzato grazie alla continua crescita dei consumi nei mesi successivi all'entrata in vigore del decreto interministeriale del 7 giugno 2005 sull'obbligo di indicare sulle confezioni il luogo di provenienza o mungitura, per impedire di spacciare come italiano prodotto importato.
Le nuove norme sulla etichettatura del latte fresco garantiscono una maggiore rintracciabilità e sono state dunque giudicate positivamente dal mercato e dai consumatori che hanno dimostrato anche di apprezzare il decreto che ha allungato al sesto giorno successivo a quello del trattamento termico la data di scadenza del latte fresco, facendolo rientrare nella tradizionale spesa settimanale familiare. Una positiva combinazione che, insieme ad una sostanziale stabilità nei prezzi di vendita, ha determinato la significativa inversione di tendenza. La nuova normativa fissa multe fino a 9.500 euro per impedire di spacciare come made in Italy latte munto da mucche bavaresi, austriache, francesi o slovene, riguarda per il momento solo il latte fresco pastorizzato che arriva crudo allo stabilimento e viene sottoposto a un solo trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura mentre il latte Uht a lunga conservazione subisce un trattamento termico di sterilizzazione in flusso continuo seguito dal confezionamento asettico che consente una durata pari a 90 giorni.
Una differenziazione di processo che oltre a rendere più probabile l'utilizzazione di latte importato per il confezionamento a lunga conservazione influenza e differenzia notevolmente le proprietà dei due prodotti. Secondo gli esperti nel latte a lunga conservazione si riduce il contenuto di vitamina B e acido folico, importanti per il metabolismo del ferro ed utili soprattutto nelle diete dei giovani e degli atleti, che rimangono invece presenti nel latte fresco proprio perché sono termosensibili. Inoltre le qualità organolettiche del latte fresco sono giudicate superiori, più gradevoli di quelle del latte a lunga conservazione che viene esposto a una temperatura molto elevata che ne cuoce le proteine presenti peggiorandone decisamente il sapore.
Proprio alla diversa qualità del latte si deve peraltro l’aumento nell’ultimo anno dell’8% nelle vendite dirette dalla “stalla” al consumatore di latte, formaggi e yogurt, per un totale di quasi 290 milioni di chili in equivalente latte. Si tratta di una opportunità per i consumatori che possono così risparmiare e garantirsi acquisti sicuri e di qualità, ma anche di una occasione per le imprese agricole che possono vendere senza intermediazioni e far conoscere direttamente le caratteristiche e il lavoro necessario per realizzare un prodotto frutto di una combinazione unica di razze, alimentazione, territorio e ambiente. Anche per questo si registra un incremento nel numero di aziende interessate alla vendita diretta che già coinvolge 4.300 allevamenti con un fatturato di circa 200 milioni di euro, sostenuto anche dal fatto che l’industria propone una insostenibile riduzione del prezzo pagato agli allevatori ad un valore di appena 30 centesimi al litro, che si moltiplica però del 300% dalla stalla allo scaffale.
A spingere la vendita diretta in stalla è anche la diffusione di nuove tecnologie con un vero e proprio boom per il latte appena munto venduto alla spina da un numero crescente di allevatori che offrono, grazie ad una tecnologia pulita ed innovativa, latte freschissimo, genuino e a costi contenuti.
Secondo un monitoraggio della Coldiretti sono circa duecento i distributori automatici dove è possibile acquistare “latte crudo”, ottenuto direttamente dalla mungitura e non trattato termicamente, a differenza sia del latte fresco pastorizzato che di quello a lunga conservazione (Uht). Si tratta di una terza possibilità offerta in numerose regioni a vantaggio di chi non si accontenta delle offerte tradizionali (Uht o pastorizzato) e vuole invece gustare latte freschissimo tutti i giorni naturalmente in linea con tutte le normative igienico sanitarie in materia. Il latte fresco appena munto se conservato in frigo dura 48 ore ed è venduto in tutte le regioni del Nord dalla Lombardia al Piemonte, dal Friuli al Veneto all’Emilia Romagna, ma anche nelle Marche, nel Lazio fino alla Puglia. Fare il “pieno” è possibile con una bottiglia da un litro che viene riempita di latte appena munto dopo aver inserito una moneta da un euro nella macchinetta distributrice che, naturalmente, deve essere in linea con tutte le normative igienico sanitarie in materia di vendita di latte. Un risparmio del 20 - 30% rispetto al normale prezzo del latte fresco in vendita con anche il vantaggio di riutilizzare il contenitore impiegato senza produrre inutili rifiuti.
Le “milk slot machine” per la vendita diretta di latte dalla stalla al consumo incontrano il gradimento dei cittadini con un consenso in continua ascesa perché conciliano convenienza e salute offrendo l’opportunità di gustare latte appena munto e di beneficiare delle sue note proprietà. Il prossimo obiettivo è quello di superare alcuni vincoli amministrativi presenti per garantire l’opportunità di gustare il latte fresco appena munto anche nei luoghi pubblici come le scuole, gli uffici, gli ospedali e le mense.

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