Arriva la macchina della verità per l'extra vergine a denominazione di origine protetta. Per sconfiggere gli agropirati dell'olio, che truffano ogni anno ignari consumatori, scende in campo il mondo della ricerca, applicando per la prima volta la risonanza magnetica nucleare ad uno dei prodotti più amati dagli italiani e non solo. Si tratta di un'analisi sofisticata che, in pochissimo tempo, rivela la vera carta d'identità della Dop, smascherando non solo 'tagli' e contaminazioni con oli poco pregiati o di diversa provenienza, ma rivelandone per la prima volta addirittura la provenienza geografica, indipendentemente dalla cultivar. E così un olio della Sabina che non ha niente a che vedere con uno toscano o uno abruzzese, viene messo nero su bianco in pochi minuti.
"Con l'esame di spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (Nmr) - spiega Anna Laura Segre, direttrice del laboratorio dell'Istituto di metodologie chimiche (Imc) del Cnr di Roma - possiamo individuare i componenti dei vari alimenti e seguirne la storia in modo da avere chiare indicazioni su genuinità, origine botanica, frodi, qualità, annata di produzione e origine geografica". Sono diversi anni che l'Istituto studia l'applicazione della risonanza in campo agroalimentare e non è certo un caso della collaborazione con il Nas, il nucleo antisofisticazione dell'Arma dei Carabinieri.
La tecnica approvata dalla Ue per definire la denominazione di origine controllata per il vino e per l' analisi dei succhi di frutta, ora sta acquistando notevole importanza anche nella certificazione dell'olio d'oliva, un mercato questo in cui l'Italia non ha nulla da invidiare, vantando ad oggi 37 extra vergini Dop.
Nel campo dell'analisi degli alimenti, la risonanza magnetica ha sedotto chimici, biologi e biochimici, "perché - afferma la ricercatrice del Cnr - la procedura utilizzata è facile e riproducibile e può essere effettuata senza far uso di alcuna tecnica estrattiva". Con questa analisi si ottengono in poche ore informazioni su quasi tutte le componenti dell'olio, anche su quelle presenti in concentrazione molto bassa. Alcune delle informazioni rivelate dalla risonanza, infine, non possono essere ottenute con nessuna altra tecnica, come ad esempio il riconoscimento dell'effetto pedoclimatico.
"E' per questo - conclude Segre - che siamo in grado di riconoscere con certezza e indipendentemente dal genotipo, un olio di Canino da uno di Latina, uno di Lucca da uno di Arezzo". Una scoperta in questo periodo caratterizzato dall'olio nuovo, che va a tutto vantaggio dei consumatori e dei produttori che hanno investito in questi ultimi anni in qualità.
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