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CONVEGNO BAYER CROPSCIENCE - “BEN 353 DOC SONO TROPPE, IL SEGNO CHE NELL’ITALIA DEL VINO C’E’ TROPPO CAMPANILISMO”. PAROLA DI RICCARDO RICCI CURBASTRO, PRESIDENTE DI FEDERDOC

“Ben 353 Doc sono troppe, l’esempio che nell’Italia del vino c’è troppo campanilismo”. Lo ha affermato Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc, nel convegno “Valore e valori del vino italiano: la parola alla filiera”, organizzato a Firenze da Bayer CropScience, consociata di Bayer AG e società leader per volume d’affari e per innovazione nelle tecnologie applicate all’agricoltura ai produttori, associazioni di categoria e istituzioni, il presidente di Federdoc ha poi ricordato come “dobbiamo renderci conto che qualcosa non ha funzionato sui vari fronti, quello produttivo come quello politico, e bisogna pensare a modificare la legge 164 sulle denominazioni di origine”.
“Allo stesso tempo - ha aggiunto - è necessario pensare ad una valvola di uscita per i produttori, che potrebbero essere rappresentata dalle Igt. Nessuno, neanche l’Istituto per il Commercio con l’Estero (Ice) può compiere il miracolo di promuovere tutte le Doc italiane a cui si aggiungono 35 Docg e numerose Igt”.
Nei più importanti interventi anche quello del marchese Piero Antinori, che si è concentrato sulla piccola dimensione della aziende e sul frazionamento che caratterizza la produzione italiana e quella del Vecchio mondo più in generale: “Ma - ha spiegato il marchese - oggi per la competitività non esistono regole fisse o generale e vi sono aziende anche piccole che con la loro qualità riescono a stare sui mercati in maniera brillante e autorevole. Al tempo stesso oggi assistiamo a una realtà che non ha precedenti con cantine che si mettono insieme, in varie forme, per affrontare meglio i mercati”.
Dal collaudato fenomeno delle cooperative, ad altri tipi di alleanze più recenti come gli esempi di cantine che si consorziano per sviluppare l’export, Piero Antinori ha passato in rassegna i vari modelli aggregativi che vanno sviluppandosi nel Paese precisando però, che “ciò non vuol dire fusione tra le aziende, un fenomeno questo che in Italia è davvero un’eccezione”. A seguire poi Antonio Calò dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, che ha ricordato come “il 2007 resterà negli annali della viticoltura perchè quest’anno siamo riusciti a svelare il genoma della vite. Un grande passo avanti - ha aggiunto - che ci permetterà di svelare tutti i processi genetici della maturazione dell’uva. Un passo importante perché non dimentichiamo che i vini di qualità si possono fare solo con uve veramente mature”.
Dell’importanza del 2007 ha parlato anche Stefano Raimondi (Ice), secondo cui “quest’anno fa seguito a un insieme di anni di boom dell’export vino italiano che è cresciuto in volumi e valore. Nei primi 8 mesi del 2007 sullo stesso periodo del 2006, siamo cresciuti del 10,5% in valore e in volume, attestandoci a 3,3 miliardi di euro, valore più alto mai registrato prima, e circa 19 milioni di ettolitri”.
Tra le voci delle associazioni di categoria quella autorevole di Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, che ha sottolineato “il bisogno di istituire un regime vitivinicolo basato su regole semplici, chiare ed efficaci, che permettano di raggiungere condizioni operative paragonabili a quelle dei nostri competitors; di tutelare le migliori tradizioni della nostra produzione, rafforzare il tessuto sociale di molte zone rurali e garantire che la produzione sia realizzata nel rispetto dell’ambiente”. Nel convegno è stato ricordato anche “come il vino italiano piace a tutto il mondo: per il nostro Paese esso costituisce infatti il secondo comparto agroalimentare in ordine di fatturato (10.700 milioni di euro nel 2006 - fonte Federalimentare) ed è al primo posto nell’esportazione a livello mondiale.
“Bayer CropScience - ha commentato Frank Terhorst, amministratore delegato di Bayer CropScience in Italia - pone grande attenzione alla filiera vitivinicola italiana, sviluppando nuove soluzioni tecniche e finalizzando incontri con gli attori della filiera per concertare insieme una risposta concreta alle esigenze di mercato e di consumo”.
Leonardo Roselli

La proposta - E gli enologi italiani chiedono la revoca delle doc …
Gli enologi chiedono, da anni, di inserire nella proposta di riforma della legge 164/92 la revoca delle denominazioni italiane doc, che non rivendichino almeno il 60% della loro superficie. L’Assoenologi, su questo argomento, ha fatto un'indagine i cui risultati possono essere così sintetizzati: le 348 denominazioni di origine italiane attualmente in vigore hanno una potenzialità produttiva di oltre 300 mila ettari di vigneto, di cui però solo il 65% viene utilizzato; ben 90 doc sfruttano meno del 50% della loro potenzialità, di cui 28 non arrivano al 20%, 14 sono al di sotto del 5% e 7 sembra non abbiano mai fatto uscire una bottiglia di vino. L’Assoenologi ha spesso anticipato tematiche interessanti, tipo quella della necessità di indicare l’annata di produzione su tutti i Vqprd.

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